Al Valle la mostra In Urbe civitas. La città è la vita e il teatro la sua rappresentazione

Il fondatore e direttore della Mirabilis Teatro Societas riporta in vita le macchine teatrali rinascimentali. E ci dimostra un paradosso della contemporaneità virtuale capace di rendere la materia ancora più ascetica

Eugenio Murrali

Fa sorridere pensare che Luciano Minestrella, mentre ci spiega la meraviglia delle sue macchine sceniche fatte di legno, di cinghie, di ore di lavoro, abbia come intercalare l’espressione “Soltanto questo”. Perché non è certo una tale sensazione d’insufficienza a nascere, passeggiando tra le sue opere, fino al 7 luglio nell’ambito della mostra In Urbe civitas al Valle, che il Teatro di Roma si sforza di tenere vivo con esposizioni di grande interesse, in attesa dei necessari lavori di restauro e adeguamento. C’è molto più di “questo” nella sala del bel teatro romano e nei suoi palchetti di platea. Il fondatore e direttore della Mirabilis Teatro Societas, con il suo quartier generale a Magliano Sabina, ha voluto portare una sintesi di quella ricerca sulle macchine teatrali rinascimentali, quelle anime periture quanto mistiche e trascendentali che permettevano le sacre rappresentazioni e oggi sono alla base del teatro di Minestrella.

    

Chi, dal giovedì alla domenica, si avventuri nel caldo romano, troverà al Valle un poco di refrigerio e gli affascinanti modelli di macchine sceniche quattrocentesche che quest’artista del legno ha saputo ricreare studiando le fonti, in particolare Le vite di Giorgio Vasari. Ne sono un esempio la ricostruzione di Ascensione di Francesco D’Angelo, del 1467, e Annunciazione di Filippo Brunelleschi, o Natività.

    

Al centro del palco campeggia un ippogrifo, costruito con legno multistrato “scritto” con il seghetto alternativo: nel vuoto e nel silenzio, bagnato da un riflettore che deve averne viste tante e tante, quell’essere mitologico, impossibilitato a volare ma capace di muoversi, se la forza umana lo attiva, ha una maestosità sacra e rappresenta al meglio l’identità della Mirabilis Teatro Societas concreta, terrena e spirituale. Visitando la mostra, comprensiva di un viaggio fantastico ispirato alle Città invisibili di Italo Calvino, Minestrella ci dimostra un paradosso della contemporaneità virtuale capace di rendere la materia ancora più ascetica

     

In mezzo alla sala l’artista ha collocato un libro di legno, il cuore di un tronco da cui la motosega, che per Minestrella “incarna il senso della violenza dell’intervento dell’uomo”, ha ricavato due ruvide pagine di legno: “In questo caso però anche la motosega diventa una scrittura e ci dimostra che tutto quanto abbiamo intorno nella vita può trasformarsi in racconto”.

    

Le sculture di legno, spesso di abete, certamente rappresentano l’aspetto visivamente entusiasmante, in senso antico, della mostra, ma sono precedute da un’altra sezione di In Urbe civitas non meno ricca di spunti, a cura delle architette Elsa Rizzi e Simonetta Zanzottera, che con studi approfonditi, documenti e rappresentazioni grafiche accurate, ci raccontano gli spazi teatrali romani dal 1513 ad oggi, servendosi anche dei materiali alla base del loro libro Teatri di Roma, lo spazio scenico nella città eterna dal Rinascimento a oggi (Carocci editore). Il percorso, utile all’addetto ai lavori come a chi semplicemente ami l’architettura, il teatro o la storia della città, ci fa rivivere il sentimento della comunità che si ritrovava in spazi scomparsi o trasformati, ad esempio Il teatro al Campidoglio, il Teatro drammatico nazionale, il Politeama Adriano, oggi un cinema multisala, fino ad arrivare alle cantine romane come il Beat 72 o il Teatrino La Fede, tracce di una vitalità scenica che Roma, nonostante tutto, conserva sotto le ceneri.