Quando scienza e tecnologia diventano arte

Al Mast di Bologna le fotografie del tedesco Thomas Struth. Impianti nucleari, sale operatorie, laboratori di ricerca spaziale, piattaforme di perforazione mostrati con minuziosa attenzione e distaccata curiosità 

Giuseppe Fantasia

Impianti nucleari, sale operatorie, laboratori di ricerca spaziale, piattaforme di perforazione mostrati con minuziosa attenzione e distaccata curiosità. Un insieme di macchine, dispositivi e installazioni di una tecnologia all'avanguardia, un groviglio di cavi, di sbarre, di giunzioni, di rivestimenti plastici e coperture metalliche ben evidenziati da giochi di luce che non sono mai casuali. Le fotografie del tedesco Thomas Struth attirano lo sguardo dello spettatore che è portato e invogliato a osservare con giusta cautela, senza però mai cercare un senso a tutto quell'insieme di cose e oggetti che per i più sono incomprensibili, metafore non viventi della tecnologia all'avanguardia.

 

Fino al 22 aprile sono esposte al MAST (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia), l'avveniristico centro polifunzionale e spazio espositivo di Bologna realizzato cinque anni fa dall'imprenditrice Isabella Seragnoli. Una scala in vetro, come l'ascensore, ci porta al primo piano, alla Photo Gallery, lì potete trovare “Nature & Politics”, la mostra dedicata a Struth che negli ultimi anni, dopo tutta una serie di fotografie di vedute urbane, ritratti individuali e di famiglia (oltre a quelle della serie “Paradise”), ha affrontato due temi a lui nuovi: la scienza e la tecnologia.

 

Con questi suoi nuovi lavori – realizzati dopo aver visitato un enorme cantiere navale nell'isola di Geoje, in Corea del Sud – Struth si muove (e ci fa muovere) in mondi il cui accesso è solitamente precluso e ci fa vedere, come spiega al Foglio Urs Stahel, curatore della mostra, “una serie di sperimentazioni scientifiche e ipertecnologiche, di nuovi sviluppi, di ricerche, misurazioni e interventi che in un momento imprecisato faranno irruzione nella nostra vita mutandone il corso”. “Quelle fotografie tecnologiche, aggiunge, sono nitide, precise e bilanciate, ma non sono mai in grado di trasmetterci informazioni precise perché mostrano universi che restano insondabili, senza legende e spiegazioni”. Come Cristiana Collu, direttrice della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, anche lui non crede nella funzione esplicativa delle didascalie. “Meglio stimolare – sostiene – la capacità di lettura delle immagini da parte dello spettatore che, in tal modo, le osserva, ne comprende al meglio il significato e guarda oltre. La cosa che mi ha interessato e mi interessa, aggiunge, è dare attenzione a qualcosa che non esisteva in precedenza nella nostra mente e che poi, col tempo, si può materializzare in un concetto e diventare parte della realtà. Quando usiamo l'espressione 'immagina qualcosa', stiamo già riconoscendo la capacità del cervello di pensare per immagini”.

 

Ne sono un esempio le foto con gli scavi e i resti al museo dell'Acropoli di Atene, quelle alla colonna di distillazione di Gladbeck, i laboratori di ricerca spaziale a Houston dove è il blu a dominare o la cappa chimica all'università di Edimburgo con formule e segni. Immagini capaci di dar vita ad una dicotomia ricca di contrasti come le “Jungle Photographs” da lui chiamate “Paradise”, che ci costringono a fare i conti da soli con questo universo ricco di possibilità e insidie. Colpisce poi che, nonostante la figura umana non compaia mai, si ha sempre l'impressione di non vedere altro che l'opera dell'uomo, compresa la sua volontà di creare, di costruire e di devastare. Una conferma in tal senso la avrete scendendo al piano zero dell'edificio guardando “Read This Like Seeing It for the Firts Time”, un video del 2003 in cui l'artista rappresenta il lavoro umano e la capacità di operare con la massima precisione manuale e artistica. Trattasi di cinque lezioni di chitarra classica svolte da Frank Bungarten all'Accademia musicale di Lucerna, “lo scambio necessario tra insegnamento e apprendimento, tra il dare e il ricevere”, come lo ha definito il curatore. Immagini e video, quelle di Struth, che sono un miraggio che annebbia la vista e l'intelletto, mettendo a dura prova la nostra concentrazione nello strenuo tentativo di comprendere e approfondire il nuovo confrontandolo con il già visto. Se non ne potete più degli ambienti chiusi, non disperate, perché lui ha pensato anche a questo regalandovi, a fine percorso, un affascinante paesaggio marino di Donghae City: lì (secondo la vostra mente) potrete tornare a respirare aria pulita e restare in silenzio. Un invito a concentrarvi per poter comprendere ciò che l'uomo è capace di fare.

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