Einstein & me. La seconda vita di Mileva Maric
Gabriella Greison porta in scena la storia della prima moglie di Albert Einstein, fisica anche lei. Il 23 settembre anteprima al teatro Sala Umberto di Roma
Vera Rubin, una delle più grandi scienziate contemporanee, disse: “La storia delle donne nella scienza non è stata ancora scritta. Perché le donne non hanno ancora imparato ad apprezzare le loro lotte, non sanno festeggiare la loro forza, e quindi comprendere il loro dolore”. Io di questa frase ho fatto un prezioso insegnamento. E mi sono fatta accompagnare da lei nel mio nuovo lavoro. Sono partita da un'idea. Quando guardo al cinema i grandi film americani tipo Divergent, o Hunger Games, vedo sempre che le donne arrivano e salvano il mondo. Quando guardo i cartoni animati della Disney, trovo che quelli della mia generazione si sono abituati da un pezzo al fatto che le principesse non sono più quelle di una volta: non restano in attesa del principe azzurro che le salvi con un bacio o che gli misuri la scarpetta giusta; le principesse si prendono quello che vogliono, lottando, ribellandosi. E ancora: vi assicuro che nei miei romanzi di formazione non trovo traccia di donne che se ne stanno a casa a curare i malati, a dare la vita, a occuparsi dei morti, a piangere. Come avveniva nei romanzi che leggevano le generazioni precedenti alla mia.
Io sono cresciuta guardando Star Trek e Guerre Stellari (e faccio ancora entrambe le cose). Una delle cose che mi hanno insegnato queste due magnifiche saghe fantascientifiche è che le donne combattono contro le ingiustizie al pari degli uomini e al pari di tutti gli altri (animali, extraterrestri, nuove specie viventi). Da Uhura a Rey, donne strepitose, che non si travestono certo da uomini per rivendicare la propria libertà. Che non si lagnano. Il fine ultimo è salvare il mondo, e non si perdono in distinzioni inutili tra razza, sesso, età, origini, religioni, specie. Cioè, il bello sta proprio in questo: non si fa proprio caso al fatto che ci siano queste differenze.
È arrivato allora il momento di capire quale è stato il percorso delle donne nella fisica, quelle donne che hanno permesso a me, e alle future comandanti Uhura, di stare bene in questo mondo. O, almeno, di sapere da che parte stare per vivere bene domani.
Per questo ho approfondito una delle donne che non è stata capita dai libri e dai racconti che sono stati fatti finora. Mileva Maric, la prima moglie di Albert Einstein, fisica anche lei. E ho raccontato la sua mentalità scientifica in chiave attuale. Riconoscendo ad Einstein tutti i meriti e i successi, e anche il fatto di averla trovata e amata. E al contempo traccio il racconto della vita del grande genio, così come è risultata importante per me, che sono fisica e sono cresciuta con le sue scoperte. Perché Mileva non è stata affatto la donna che sa curare il focolare e sa accudire figli o malati, lei ha avuto prima delle altre la testa per viaggiare, per vivere di sogni, per “rimanere bambini per tutta la vita” come diceva Einstein. E io mi sono immedesimata in lei, e le ho dato una seconda vita. Perché il finale, della sua di vita, non va più bene oggi. Per questo non poteva finire così. Con lei che diventava pazza e morta lì. Non è vero, non è stato così. Non ci credo. Le voci che erano state messe in giro (soprattutto dalla madre di Einstein, Pauline, legata più di tutte al concetto di donna casalinga vecchio stampo) erano tremende. Mileva era stata considerata affetta da disturbi sotto forma di intolleranza alla disciplina familiare. Il pretesto della pazzia, per colpire le donne ribelli. La letteratura oggi è piena di questi casi. E Mileva è stata una di questi. Ma ancora nessuno lo ha detto.
Oggi Mileva vivrà una seconda vita, quella che parte da quando ha lasciato Albert e se ne è tornata a Zurigo. Quella in cui torna ad essere figa, così come lo è stata negli anni in cui frequentava il Politecnico e ha conosciuto Einstein tra i banchi, durante le lezioni di fisica del professore Weber. Il temutissimo professor Weber, lo stesso che le renderà la strada della carriera scientifica molto dura. E chi di noi non ha avuto una persona così ad intralciarci il sentiero? Ma noi oggi viviamo l'oggi, e nessuna strada ci è preclusa. Per questo Mileva può diventare me, e io sono il suo proseguimento. Io, fisica dei giorni nostri, che pubblico romanzi, che porto a teatro i miei monologhi, che mi esprimo con la scrittura e la recitazione, dittatrice dei miei sogni. Quello che doveva essere pure lei. E che lo saranno tutte dopo di me.
“Einstein & me” (regia Cinzia Spanò, produzione Oti) è il monologo che Gabriella Greison porterà in scena in anteprima a Roma domenica 23 settembre 2018 alle ore 21 al teatro Sala Umberto. Biglietti qui.
Il reportage fotografico che verrà esposto nel foyer del teatro Sala Umberto di Roma, durante l'anteprima del 23 settembre
Il racconto sul sito di Gabriella Greison, durante le prove dello spettacolo: clicca qui
Il trailer del romanzo e del monologo teatrale
Antifascismo per definizione