Il tempo della fine

Michele Silenzi

La storia non è affatto finita, la liberazione dalla ragione ci ha portato fuori rotta. Un libro

Finalmente un libro che si confronta con la nostra problematica contemporaneità senza cullarsi nella retorica del tramonto dell’occidente e che, anzi, ne rilancia i valori nati nella modernità, nel 600 e nel 700, il secolo dell’Illuminismo e della ragione critica, come fonte d’ispirazione per rispondere alla complessità di questa fase storica. La condizione neomoderna di Roberto Mordacci, edito da Einaudi, parte dall’assunto che la storia non sia affatto finita e che quindi servano strumenti per leggere la sua evoluzione. La sbronza d’irrazionalità, e di liberazione dalla ragione, che lui identifica con il postmoderno, ci ha portato fuori rotta.

   

La ragione è infatti il grande accusato del postmodernismo perché vista, attraverso l’idealismo e il positivismo, come ragione sistemica e strumentale che ha portato l’uomo sulla strada del delirio di onnipotenza e di presunto dominatore di tutte le cose. L’intellettuale postmoderno non vede la ragione come ragione critica, come criterio di discernimento, ma come strumento di dominio. “Disprezzando la ragione, considerata fonte di errore, l’intellettuale postmoderno ha proiettato l’umano nella mistica, una ‘dimensione in cui la sua ragione non comprende più se stessa, né ciò che vuole, ma preferisce vaneggiare’. Il risultato, una volta che la rinuncia alle buone ragioni è giunta alle masse, è stato il trionfo della post verità, ultimo approdo dell’irresponsabilità culturale”.

   

La verità, illusione generata dalla ragione, nella prospettiva postmoderna, invece di rendere liberi, incatena a un dogmatismo da cui doverci liberare attraverso una costante delegittimazione di qualsiasi pretesa di distinzione razionale tra ciò che è bene e ciò che è male portando così avanti la “sconfessione di ogni pretesa di verità e di ogni autorità morale e politica”. Rinunciare a qualsiasi pretesa di verità diventa l’azione fondamentale attraverso cui aprirsi agli altri e a un mondo pacificato. Ogni interpretazione dei fatti diventa legittima. Tuttavia, a forza di dire che la verità non esiste, o non vale nulla, si è arrivati a pensare che tutti mentono e soltanto io ho ragione. L’annullamento della verità, invece che alla liberazione e alla tolleranza, ha portato al bellum omnium contra omnes dei singoli discorsi individuali. La verità non è di nessuno, è soltanto mia.

   

Il postmoderno è, inoltre, secondo l’interpretazione di Mordacci, il tempo della fine, in cui la storia smette di scorrere ovvero termina il suo progresso, in cui il futuro si svuota di senso, in cui non esiste più alcuna cornice di valori condivisi su cui fondare l’esistenza e l’azione. Un periodo in cui non si pensa più che il “senso della storia, in una prospettiva critica, è sempre quello che si apre nel futuro, come il tentativo di ‘una specie di esseri ragionevoli che si sforza di risalire e progredire costantemente dal male verso il bene”.

   

Tuttavia, con buona pace dei postmodernisti, la storia si è rimessa in marcia. I due eventi simbolo di questo processo sono stati l’11 settembre e la crisi iniziata nel 2007. E il nuovo cammino della storia è tumultuoso per via della sempre maggiore interconnessione globale, per lo scambio costante di informazioni e dati attraverso la rete e per tutti gli altri motivi che ormai conosciamo bene. Quel che serve di fronte a un mondo che accelera costantemente, che ci bombarda di novità vere e false, che corre ad alta velocità in ogni sua manifestazione, non è un grido o un lamento scandito attraverso un ‘voglio scendere!’ ma dei criteri di discernimento e quindi una conoscenza che ci permettano di orientarci in maniera sensata e costruttiva. E Mordacci pensa di rintracciare un orizzonte che potrebbe aiutarci in questo percorso proprio nel periodo della modernità e nei princìpi guida dell’illuminismo che da essa sono emersi.

   

L’Europa, sebbene non sia più centro del mondo, deve svolgere un ruolo di riferimento intellettuale e morale perché in essa si sono materializzati quei principi in maniera “consapevole, contingente e localizzata nei contenuti ma universale e duratura nell’essenziale. Il neomoderno può essere la fase d’incubazione di un diverso illuminismo, di una versione più globale e aggiornata di un rischiaramento quantomeno auspicabile che è richiesto a tutti gli uomini. […] Non è con il senso di colpa né con l’idea di un declino volontario che si può stare sulla scena della storia”.

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