Il più grande successo di soft power di Vladimir Putin? Masha e orso

Giulia Pompili

Cosa c'è dietro all'Animaccord, la società di animazione con quartier generale a Mosca. Intanto il sesto video più visto su YouTube è “Masha e il porridge”

Roma. Il più grande successo di soft power della Russia di Vladimir Putin ha le fattezze di una bambina bionda fin troppo vivace e un orso bipede con un passato nel settore circense. Ieri la Animaccord, società di animazione con quartier generale a Mosca, ha ufficializzato una notizia che molti genitori, perfino quelli italiani, sospettavano da tempo: il video dell’episodio di “Masha e orso” che si chiama “Masha e il porridge”, con un miliardo e 804 milioni di visualizzazioni, è il sesto più visto della storia di YouTube, e ha appena superato il videoclip dell’inglesissima canzone di Adele “Hello”. Del resto l’incredibile successo del cartone animato “Masha e l’orso” è dimostrato soprattutto nei periodi natalizi come questo, quando i centri commerciali si riempiono di icone e gadget, interi corridoi dei negozi di giocattoli sono dedicati ai due personaggi russi e la televisione manda in onda a nastro gli episodi più famosi. La treenne Masha, vestita con l’abito tradizionale russo e il capo coperto dal foulard rosa, è entrata nelle camerette dei bambini di centoventi paesi del mondo, e la sua voce è tradotta in venticinque lingue diverse. Dagli Stati Uniti – dove i diritti della serie sono stati acquistati da Netflix – fino all’Indonesia, dove il duo è stato votato il preferito dai bambini. In America la voce di Masha è doppiata da Elsie Fisher, giovanissima star di Hollywood che ha doppiato pure successi come “Cattivissimo me”.

“L’idea della serie è nata dal desiderio di mostrare il rapporto tra adulti e bambini in forma comica, per far sì che tutti gli spettatori capiscano chiaramente le sensazioni provate dai protagonisti”, ha detto tempo fa a Nadezhda Ustinova di Russia Beyond the Headlines il direttore del progetto “Masha I Medved”, Denis Chervyatsov. Il canovaccio della sceneggiatura, in realtà, viene da una fiaba tradizionale russa, e la storia è quella di una bambina che si perde nella foresta e di un orso che vorrebbe tenerla con sé come servetta (alla fine lei riesce a tornare dai nonni, molto sveglia). Nel cartone animato i dialoghi sono pochi, c’è molta attenzione per l’animazione che è prodotta con tecniche all’avanguardia, ai livelli di quelle americane (con pure un costo notevole: sei minuti di Masha e orso costano almeno 250 mila dollari). Non è un caso se nel 2015 il cartone ha vinto il Kidscreen Awards per la Migliore animazione e l’Animaccord Studio, nello stesso anno, ha guadagnato 225 milioni di dollari. Nata nel 2008, oggi l’azienda ha più di cento dipendenti, settanta animatori e una sede in California.

Irina Mastusova, direttrice dell’Associazione dei film d’animazione russa, ha detto al Moscow Times lo scorso anno che dal 2010 in poi “i budget di produzione sono raddoppiati”, e questo anche grazie all’aumento dei contributi statali voluti dal presidente Putin per supportare “la cultura e l’identità russa contro l’influenza straniera”. Quella dell’animazione era una delle industrie di maggior successo della Russia sovietica, industria che dopo la caduta del Muro crollò. Oggi per accedere ai contributi statali, anche gli sceneggiatori di Masha devono dimostrare di “promuovere i valori e i successi russi”. E se Masha è stata a volte criticata per avere un temperamento troppo vivace che potrebbe rappresentare un cattivo esempio per i bambini, d’altra parte rispetto ad altre animazioni più “confuse”, come Peppa Pig e Spongebob, risponde ancora a criteri “tradizionali” (per quanto tradizionale possa essere il rapporto filiale tra una bambina e un urside). E il cartone ha pure un altro merito: in un mondo che vede nell’orso il cattivo da sconfiggere, tra i bambini occidentali è quello che aiuta una bambina bionda a trovare la strada di casa.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.