Maschere di Donald Trump e Hillary Clinton (foto LaPresse)

Atenei contro le maschere “scorrette”. In Usa anche Halloween è pol. corr.

Stefano Basilico
Dalle divise militari ai costumi di Hillary e Trump. Come nelle università della libertà di parola e di pensiero, oggi crescono studenti che chiedono “aree sicure”, in cui bandire idee e personaggi lontani dall’ideologia politically correct.

Il cattivo gusto è reato? Venne da chiederselo di fronte alla querela a Charlie Hebdo da parte del sindaco di Amatrice per la vignetta sugli “italiani lasagne” all’indomani del terremoto. Lo stesso interrogativo, con sfumature diverse, è emerso all’Università del Wisconsin. Nel college di Madison, durante una partita di football contro i colleghi del Nebraska (vinta 23-17 dai padroni di casa, per la cronaca) due studenti si sono presentati allo stadio con un travestimento di Halloween. Non indossavano costumi qualunque: uno dei due aveva una maschera di Donald Trump, l’altro – con un cappio al collo – alternava quella del Presidente Barack Obama e della candidata democratica Hillary Clinton. Una bravata che ha fatto infuriare in molti, a fronte di una delle elezioni più nervose della storia americana. Alla richiesta degli steward di togliersi le maschere, i due hanno ottemperato. Il polverone virale era però già scoppiato, con le prevedibili accuse di razzismo.

 

Nel comunicato rilasciato dagli uffici stampa dell’Ateneo si spiega che gli studenti, una volta passati i tornelli, possono indossare maschere e costumi in tribuna. Tuttavia sebbene il costume in questione fosse “altamente insensibile, offensivo, ripugnante e CONTRARIO AI VALORI DELL’UNIVERSITA’ E DEL DIPARTIMENTO DI ATLETICA (in maiuscolo ndr)” si trattava di un esercizio della libertà di parola individuale. Insomma, gli studenti si sono tolti le maschere per non scatenare il putiferio, ma teoricamente si sarebbero potuti rifiutare. Lo spiega anche Eugene Volokh, docente di legge all’Ucla, intervistato dal Cristian Science Monitor, parlando in generale di maschere e costumi dissacranti: “E’ un diritto protetto dalla costituzione. Molti regolamenti universitari sono evidenti violazioni del Primo Emendamento”. Una tesi confermata anche da Samantha Harris, direttrice della Fondazione per i Diritti individuali nell’educazione, secondo cui ogni costume non presenta una minaccia in sé, ma solo in base al contesto.

 

Travestirsi da membro del Ku Klux Klan, ad esempio, non è proibito ma diventa minaccioso quando ci si avvicina a membri della comunità nera, spiega Harris. I principi costituzionali sono stati confermati anche dalla Corte Suprema nella sentenza Schacht vs Usa del 1970. Daniel Schacht era un attore e, durante uno spettacolo contro la guerra in Vietnam, indossò una divisa militare in violazione della legge 18 U.S.C. 802. I giudici di Washington decisero che in questo caso dovesse prevalere la libertà di espressione, forgiando un’interpretazione generale.

 

Polemiche simili si sono avute nel prestigioso ateneo di Yale, dove alcuni studenti zeloti del pol. corr., hanno fatto dimettere Nicholas Christakis e sua moglie Erika, due docenti che amministravano uno dei college. La coppia si è opposta ad una lettera firmata da 13 colleghi contenente delle “linee guida” per i costumi di Halloween. Nella loro email in cui invitavano gli studenti a vestirsi secondo il loro gusto i due si chiedevano se non fosse il caso di “riflettere in modo più trasparente, come comunità, sulle conseguenze di un esercizio istituzionale (burocratico e amministrativo) di controllo implicito sugli studenti universitari”.

 

Paradossale che l’università californiana che negli anni Sessanta e Settanta fu la Mecca della libertà di parola e di pensiero, si trovi ad essere oggi popolata da studenti che chiedono “aree sicure”, in cui bandire idee e personaggi lontani dall’ideologia politically correct.

 

La battaglia per la libertà di espressione degli studenti nel mondo anglosassone si arricchisce di un nuovo capitolo, e ogni vittoria di burocrati e legulei li mostra sempre più nudi.