Bernardo Bertolucci (foto LaPresse)

Festa del Cinema di Roma

Avere ragione e mettersi subito dalla parte del torto girando un film

Mariarosa Mancuso
Le confessioni di Bertolucci. Tra Bresson, venuto a Roma per girare un episodio della Bibbia di De Laurentiis, e un pezzo di carta ritraente il volto Mao. Da vedere alla Festa del cinema? Tramps, uno spunto insolito per una storia prima criminale e poi romantica

THE LAST LAUGH di Ferne Pearlstein

 

Si può ridere sull’Olocausto? Rispondono Mel Brooks (che in “Per favore non toccate le vecchiette” mise in scena il musical “Primavera per Hitler”) e Shalom Auslander (che in un romanzo immagina Anna Frank molto vecchia e al lavoro su un secondo libro: “Ho il mio pubblico”). Rispondono i sopravvissuti e chi aveva recitato nel cabaret di Terezin. Rispondono Sarah Silverman e il “nazista della zuppa” della serie “Seinfeld”. La regista sembra sparire dietro le immagini, ma governa ogni cosa con mano sicura.

 



 

TRAMPS di Adam Leon

 

Lui fa il cuoco, e l’aiuto-rapinatore supplente (per conto del fratello che sta in carcere). Lei dovrebbe solo guidare la macchina. La valigetta sottratta finisce nelle mani sbagliate, quindi son costretti a stare insieme qualche ora per riparare il danno. Il regista, che aveva già girato un bel film sui graffitari, trova uno spunto insolito per una storia prima criminale e poi romantica. Aria fresca, ogni tanto. E un gusto per i dettagli sconosciuto ai registi italiani.

 



 

THE BIRTH OF A NATION di Nate Parker

 

Esistono vari modi per mettersi dalla parte del torto anche quando si ha ragione. Per esempio, scrivendo e girando un film come questo. Dove i cattivi sono così cattivi, i buoni sono così buoni, e l’estetica così cartolinesca da rivalutare – in un colpo solo – “La capanna dello zio Tom” e “12 anni schiavo”. E ce ne vuole, per mettere nello stesso paniere la bestsellerista di metà Ottocento Harriet Beecher Stove e l’artista d’avanguardia Steve McQueen.  

 



Mariarosa Mancuso

 


 

 

Bernardo Bertolucci all’incontro con Antonio Monda parla dei suoi film preferiti. Ascoltare il cineasta competente e appassionato parlare di cinema è una goduria. Riflette sui cineasti rigorosi e severi come Robert Bresson (“Un condannato a morte è fuggito”) che gira con la camera fissa, e quelli come Max Ophuls che fanno danzare la macchina da presa. Racconta che Bresson era a Roma per girare un episodio della Bibbia di De Laurentiis; il quale gli fa vedere le coppie di giraffe, elefanti eccetera che gli mette a disposizione per “L’arca di Noè”. Bresson, che lavorava sottraendo, dice “va bene ma se ne vedranno solo le orme sulla spiaggia”. Dino gli fa consegnare tout de suite un biglietto per Parigi: bye-bye Bresson. Bertolucci per sé sceglie i movimenti di macchina, dimostrati con clip splendide da “L’ultimo imperatore” e “Il conformista”. Sui piani sequenza dice “aiutano a evitare il montaggio, in fondo una manipolazione.”

 

La clip più emozionante è da “Le plaisir” di Ophuls. A Bertolucci venne ogni volta la febbre quando vide i tre episodi in occasioni diverse; la scena della festa faceva girare la capoccia pure a noi. “Dopo il successo di ‘Ultimo tango’ potevo girare quello che volevo” dice; gli divertiva mandare in America ‘Novecento’, un film zeppo di bandiere rosse. “Ma sono stato punito; in Usa il film, tagliuzzato, ha avuto vita grama”. E’ curioso che un film sulla lotta di classe in Emilia fu rifiutato dal “suo” Pci e non solo. “Invito Jean Luc Godard a vedere il film a Parigi; lui mi da appuntamento dopo al Drugstore. Si avvicina e senza parlare mi da un pezzo di carta e sparisce. C’era disegnato il volto di Mao. Mi pento di averlo strappato. Mi piacerebbe avere ora un ritratto di Mao fatto da Jean Luc”.

 

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