“Queen Kong” e il crowfunding per le protesi falliche

Mariarosa Mancuso
Era il 2008 quando girò la voce che Elio Germano sarebbe comparso alla Mostra di Venezia in una scena a luci rosse (il film era “Nessuna qualità agli eroi” di Paolo Franchi, in caso di Artisti che rivendicano la propria Autorialità non vale la protezione degli innocenti). Elio Germano rilasciò interviste, certificando che un attore deve saper far tutto.

Era il 2008 quando girò la voce che Elio Germano sarebbe comparso alla Mostra di Venezia in una scena a luci rosse (il film era “Nessuna qualità agli eroi” di Paolo Franchi, in caso di Artisti che rivendicano la propria Autorialità non vale la protezione degli innocenti). Elio Germano rilasciò interviste, certificando che un attore deve saper far tutto. Anche andarsene in giro sul set con un’erezione da film porno. Vista la scena, anche lo spettatore meno sgamato – meglio se femmina, i maschi sono sempre un po’ intimiditi davanti alle altrui attrezzature – avrebbe capito che era una protesi, peraltro malamente incollata, l’attore doveva reggerla con una mano. Qualche giorno dopo si seppe che l’aveva fabbricata Sergio Stivaletti, effettista speciale di Dario Argento e Lamberto Bava.

 

Quando la regista Monica Stambrini ha parlato di crowfunding e denari necessari per le protesi – presentando il suo cortometraggio “Queen Kong” alla serata “Le ragazze del porno”, lo scorso 14 settembre al Milano Film Festival – abbiamo avuto un brivido. Sta a vedere che lo sguardo femminile sulla pornografia (come da manifesto del collettivo fondato qualche anno fa, ne faceva parte anche Roberta Torre) finirà per infliggerci qualche altra scena alla “The Brown Bunny”. Vale a dire: Chloe Sévigny che armeggia con l’arnese di Vincent Gallo (nella finzione). In realtà, con un tronchetto di gomma che sembrava arrivare dai saldi di un sexy shop fallito. Sala gremita, solo posti in piedi. Lo scimmione King Kong alle ragazze sta simpatico. Se non capite perché, andate a verificare come guarda Fay Wray, come la spoglia e poi l’annusa, in una scena tagliata dal film del 1933 e ripristinata nel dvd. “Queen Kong” era da scoprire, anche se sapevamo che l’attrice era Valentina Nappi, partner di Rocco Siffredi sui set e sulla rivista Micromega, numero di luglio 2014.

 

Un signore acchiappa una signora e la sbatte contro un albero (si capisce che sono scappati da una festa). Lui sperimenta quel che già William Shakespeare sapeva dell’alcool: “Accende il desiderio ma spegne la prestazione”. Lei ha l’aria contrariata. Lui si inoltra nel bosco, dove incontra una satira con le orecchie a punta, assatanata come il ruolo comanda. Acchiappa il maschio, lo ribalta, ne fa uso in vari modi (tutti piuttosto sbavanti), lo lascia lì con l’attrezzo che non si smoscia neppure quando si mette alla guida della spider per tornare a casa. 19 minuti, pensatela come la scena mancante da “Quando le donne avevano la coda” (1970, con Senta Berger). O come la Bella e la Bestia a ruoli invertiti.

 

Il doppio programma proponeva anche “Insight” di Lidia Ravviso e Slavina (niente protesi, solo una femmina a gambe spalancate, la sua mano, un uomo che guarda: dobbiamo dire altro?). Seguiva dibattito, alle sirene del cineclub neanche il porno delle ragazze sfugge.