L'Università Technion di Haifa

I protocolli dei prof. contro Israele

Giulio Meotti
Iniziarono in otto, oggi sono diventati un partito. 168 accademici italiani, fra cui alcuni dei Lincei, aderiscono al boicottaggio dello stato ebraico. I capi di Hamas li ringraziano. Qualcuno si ricorda di Tullio Levi Civita?

Roma. Il movimento per il boicottaggio di Israele ufficialmente è arrivato in Italia nel febbraio 2003, quando una decina di professori dell’Università di Venezia Ca’ Foscari invitò a boicottare lo stato ebraico. “Non assisteremo a conferenze in Israele e non risponderemo alle richieste scientifiche e culturali che arriveranno dallo stato ebraico”, si leggeva nella decisione dei docenti veneziani guidati da Riccardo Zipoli, direttore del dipartimento di Studi eurasiatici dell’università veneziana. Contemporaneamente, all’Università di Bologna, un gruppo di professori fece circolare un documento agghiacciante: “Abbiamo sempre considerato il popolo ebreo intelligente, sensibile, forte forse più di tanti altri perché selezionato nella sofferenza, nelle persecuzioni, nelle umiliazioni subite per secoli, nei pogrom e nei campi di sterminio nazisti. Sentiamo purtroppo che la nostra stima e il nostro affetto per voi, per il popolo ebreo, si sta trasformando in dolorosa rabbia per quello che state facendo al popolo palestinese”. Ma da allora, l’Italia era rimasta fuori dalle grandi iniziative culturali contro Gerusalemme che stavano prendendo piede in tutte le università d’Europa. Fino a oggi.

 

Due giorni fa il salto di qualità, con tanto di apprezzamento da parte di Hamas, che sul suo sito ufficiale scrive: “Il Movimento per la Resistenza Islamica saluta una petizione di accademici e ricercatori italiani per boicottare le istituzioni e le università di ricerca israeliane”. A parlare così è Sami Zuhri, il portavoce del regime islamista di Gaza. Il riferimento è al documento, firmato da 168 accademici italiani, che invita a boicottare l’accademia israeliana, a cominciare dal Technion di Haifa, fucina di ben quattro premi Nobel. I 168 docenti e ricercatori italiani hanno messo giù un vero e proprio programma di lavoro: “Non accetteremo inviti a visitare istituzioni accademiche israeliane; non parteciperemo a conferenze finanziate, organizzate o sponsorizzate da loro, o comunque non collaboreremo con loro”. Ci sono nomi importanti: il fisico dell’Università di Firenze, Angelo Baracca; Cristina Accornero, docente all’Università di Torino e autrice per Donzelli; lo storico della Sapienza di Roma, Piero Bevilacqua, autore Einaudi e Laterza, già direttore della rivista Meridiana; Carlo Alberto Redi, docente all’Università di Pavia e membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei; Angelo Stefanini, medico del Centro di salute internazionale dell’Università di Bologna; Giorgio Forti dell’Università di Milano; l’accademico e studioso di Nietzsche, Domenico Losurdo, fino all’azionista Angelo D’Orsi.

 

Lo scorso ottobre il giornale inglese Guardian ha pubblicato un appello simile con trecento firme e fra queste molte italiane. Qualche mese prima, cinquecento antropologi avevano approvato il boicottaggio d’Israele e anche quella volta, fra i firmatari, comparivano tanti italiani. Come nell’appello all’allora commissario europeo alla Ricerca, Máire Geoghegan-Quinn, per chiedere l’esclusione delle università israeliane. La prossima primavera, la Società Italiana di studi sul medio oriente terrà una tavola rotonda sul boicottaggio durante la sua conferenza annuale. Per la prima volta un’associazione universitaria discuterà pubblicamente di come isolare i colleghi israeliani. Il panel si intitolerà “Conoscenza e Potere”, è organizzato da Paola Rivetti dell’Università di Dublino e avrà come ospite Laleh Khalili, l’accademica di origini iraniane della University of London che, nel 2005, promosse il boicottaggio dell’Association of University Teachers, il più grande sindacato di insegnanti del Regno Unito. Da allora, il boicottaggio di Israele ha contaminato tanti pezzi dell’accademia europea.

 

[**Video_box_2**]Ieri il giornale israeliano Haaretz riportava la notizia di un docente inglese che ha rifiutato di collaborare con uno dei suoi laureandi soltanto perché israeliano: “Temo che, come parte del boicottaggio istituzionale osservata da parte di alcuni studiosi nei confronti delle organizzazioni israeliane, non posso aiutarla con la sua richiesta”.

 

In Italia è già successo, nel 1938, quando l’Unione matematica italiana sostituì in quanto ebreo il suo rappresentante nel comitato della rivista tedesca Zentralblatt für Mathematik, il celebre scienziato Tullio Levi Civita, con due matematici “ariani”, Francesco Severi ed Enrico Bompiani. Oltre a perdere la cattedra, Levi Civita fu cacciato da tutte le accademie italiane di cui era membro e venne addirittura vietata la ristampa del suo famoso trattato di meccanica razionale. Fu una prostituzione della scienza e della cultura. Come oggi.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.