Veltroni si guardi le spalle dai recensori-amici à la Gramellini

Mario Sechi
Veltroni è un marchio con la fabbrica dell’immaginario incorporata. Ogni sua uscita è un’ovazione automatica, un’ondata da surf hawaiano, un’approvazione incondizionata dell’opera, un applauso scrosciante, un consenso crescente, una rivelazione dell’anima, un nuovo inizio per l’umanità. Le redazioni dei giornali e delle televisioni lo portano in giro come una Madonna che fa miracoli.

Walter, dicevamo. Veltroni è un marchio con la fabbrica dell’immaginario incorporata. Ogni sua uscita è un’ovazione automatica, un’ondata da surf hawaiano, un’approvazione incondizionata dell’opera, un applauso scrosciante, un consenso crescente, una rivelazione dell’anima, un nuovo inizio per l’umanità. Le redazioni dei giornali e delle televisioni lo portano in giro come una Madonna che fa miracoli. E lui, Walter, si lascia portare perché questo hanno sempre fatto con lui e non si vede alcun motivo per cambiare. Fondò il Pd, se ne andò, fece giornali, film, libri e non ci lasciò mai. Ora che è uscito un nuovo libro il ritual è diventato sequel. Walter fa i conti propri, un’introspezione sull’assenza del padre, Vittorio, che morì quando Walter era un infante. Ognuno fa i conti autobiografici sulla carta come meglio crede, ma bisogna sempre guardarsi le spalle dai recensori-amici che spargono vaniglia per insaporire il dolore. Eccolo, Massimo Gramellini imbellettare il lutto permanente in “un’immagine dolce e crudele che ogni orfano precoce conosce fin troppo bene”. La foto sbiadita è quella del padre di Walter, Vittorio. Il libro di Veltroni s’intitola “Ciao” e fin dalla copertina ha qualcosa di incompiuto e non risolto. Ma anche questo tormento diventa per i suoi recensori l’occasione per far dello struggimento individuale la rappresentazione di una piccola comunità: “Il libro non è una risposta, ma una domanda infinita, una ricerca intensa che sotto il linguaggio asciutto e a tratti percorso da una vena di timidezza, lascia intravedere una ferita che non si rimargina e semmai si sublima in una condizione universale”. Gramellini ci va dentro de core e de petto: “Ma poi arriva il capitolo 16, in cui Walter fa una lista struggente di tutte le cose semplicissime eppure eccezionali che avrebbe voluto fare con Vittorio: «Che mi chiedessi se ho la febbre, che mi guardassi la pagella, che mi rimproverassi, che avessi bisogno di me…» ed è come se a sessant'anni si togliesse un peso dallo stomaco e, finalmente pacificato con se stesso, riuscisse a guardare suo padre negli occhi. Per accorgersi che sono identici ai suoi”. Scorrono i titoli di coda. Pianto collettivo. Sorrisi. Cocktail in terrazza.

 

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