Il made in Italy è una garanzia nel Regno Unito, anche quando si tratta di birra

Giovanni Battistuzzi
La Coldiretti ha rilevato come nei primi cinque mesi del 2015 le esportazioni di birre italiane sono aumentate del 27 per cento rispetto al 2014 e quasi la metà di questo incremento interessa il mercato britannico. E aumentano anche le recensioni positive ai nostri birrifici artigianali degli esperti di birra inglesi.

"There are a lot of beers, but only one way, English way". Nei pub inglesi questo era il comandamento: tante birre ma un solo modo di farle, quello inglese. Chi beveva, beveva inglese, al massimo scozzese o irlandese, comunque made in Uk. Non c'era scappatoia a questa tradizione. Chi si concedeva alle belga era considerato una donnetta, se ingollavi una francese eri un traditore, se ti davi alle tedesche o alle ceche una mezza sega, birre d'acqua le chiamavano. I pub erano territorio di orgoglio alcolico nazionalista e da questo non si poteva fuggire. Poi con il duemila i lacci si sono allargati, le spine hanno iniziato a far scorrere birre estere e il clima è meno orgoglioso e più pacifico: frontiere aperte, sì, ma con sorpresa. E la sorpresa è nostrana, perché il made in Italy tira e molto anche dove non si sarebbe mai potuto immaginare, lì dove nemmeno eravamo considerati, nelle birre appunto.

 

La Coldiretti ha infatti rilevato come nei primi cinque mesi del 2015 le esportazioni di birre italiane sono aumentate del 27 per cento rispetto al 2014 e quasi la metà di questo incremento interessa il Regno Unito. Un fenomeno che riguarda soprattutto i piccoli birrifici artigianali che negli ultimi anni sono sorti nel nostro paese e che hanno moltiplicato tipologie di birre e volumi di produzione e vendita. Se infatti il mercato italiano si è stabilizzato sui 30 milioni di consumatori per un consumo pro capite di circa 29 litri l'anno, i nostri birrifici si stanno espandendo all'estero, dove sono riusciti a crearsi una nicchia di appassionati che si sta ampliando velocemente tanto da incontrare l'attenzione del Brewers association, l'associazione americana dei produttori di birra che ogni due anni indice la World beer cup – l'olimpiade della birra – e quella della Beer academy, che ha studiato il fenomeno italiano e segnalato come meritorio e sorprendente sia l'aumento produttivo che qualitativo dei prodotti italiani.

 

Secondo il report "Beer in United Kingdom" dell'Euromonitor international, l'Italia è salita al sesto posto per volume di birre estere vendute nel Regno Unito, dopo Germania, Repubblica Ceca, America, Belgio e Olanda. Una crescita significativa tanto che nel 2014 i birrifici italiani hanno incrementato le loro vendite di circa il 24 per cento rispetto all'anno prima. Ma il report è sorprendente soprattutto se si analizzano l'indice di gradimento dei consumatori: i nostri produttori sono al terzo posto dietro solo a cechi e belgi.

 

[**Video_box_2**]Un successo che è destinato a salire anche grazie all'attenzione sempre maggiore che la stampa di settore – e non solo – sta dedicando ai nostri prodotti. Quest'anno per la prima volta nella storia assaggiatori e critici inglesi hanno presenziato al più grande evento italiano che raduna i nostri birrifici, il Beer Attraction alla Fiera di Rimini. E i commenti sono stati molto positivi: "La qualità media dei prodotti artigianali italiani è esponenzialmente cresciuta in questi ultimi anni, tanto da insidiare alcuni dei migliori prodotti inglesi", ha scritto l'esperto di birra Jack O'Brian nella sezione dedicata alle birre estere del semestrale della Siba, l'associazione dei birrifici indipendenti inglesi. "L'Italia sta diventando un esempio da seguire, consiglio a tutti i pub di tenere nel menu almeno un paio di queste birre", ha concluso. Perché quello inglese sarà anche l'unico metodo di produzione che un britannico concepisce, ma quello italiano piace comunque molto.

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