Dal Foglio del lunedì

Putin fino al 2024. La Russia ha votato

Redazione

Che abbia già vinto al primo turno o debba attendere il ballottaggio,  Vladimir Putin si insedierà al Cremlino per altri 6 anni (al momento  in cui chiudiamo questo numero, sabato 3 marzo, i sondaggi lo danno al  66 per cento). Mark Franchetti: "Dopo aver governato il Paese per 12 anni – 8  come presidente e gli ultimi 4 come primo ministro – avrà  l’opportunità, almeno in teoria, di restare in carica fino al 2024,  quando all’età di 72 anni si ritirerebbe finalmente, conquistandosi il  primato del più longevo leader russo dai tempi di Stalin".

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    Che abbia già vinto al primo turno o debba attendere il ballottaggio,  Vladimir Putin si insedierà al Cremlino per altri 6 anni (al momento  in cui chiudiamo questo numero, sabato 3 marzo, i sondaggi lo danno al  66 per cento). Mark Franchetti: «Dopo aver governato il Paese per 12 anni – 8  come presidente e gli ultimi 4 come primo ministro – avrà  l’opportunità, almeno in teoria, di restare in carica fino al 2024,  quando all’età di 72 anni si ritirerebbe finalmente, conquistandosi il  primato del più longevo leader russo dai tempi di Stalin». [1] Dmitrij  Medvedev, suo predecessore, lo sostituirà nel ruolo di premier. [2] Il  blogger Aleksej Navalnyj, uno dei leader delle proteste degli ultimi  mesi: «Le elezioni senza rivali credibili non contano niente». [3]

    «Criceti del computer», «Popolo delle scimmie», questo sono Navalnyj &  C. secondo Putin, che nelle ultime settimane ha però cambiato tono.  Nicola Lombardozzi: «Un atteggiamento morbido per lasciare sbollire i  malumori senza dare adito a ulteriori indignazioni popolari». [2] Lo  scrittore Boris Akunin: «Mostrano grande tolleranza. Ma non so cosa  accadrà dopo le elezioni quando il potere sarà più sicuro di sé». [4]  I veterani delle dimostrazioni sono pessimisti. Antonella Scott:  «“Tireranno fuori i denti”, dicono ammiccando ai miliziani/poliziotti  che in realtà, secondo un sondaggio, nella capitale in maggioranza  simpatizzano con i manifestanti». [5]

    Per Putin questa è stata la gara per la presidenza più dura. Franchetti: «Una combinazione di stanchezza degli elettori, corruzione  dilagante e rallentamento delle riforme ha eroso la sua formidabile  popolarità, per quanto resta senza dubbio il politico più popolare  della Russia». [1] La settimana scorsa il futuro presidente ha ricevuto nella sua dacia di Novo Ogariovo un gruppo di direttori di  grandi giornali stranieri, tra i quali Repubblica:  «La terza  candidatura alla presidenza della Russia, più un mandato da Premier?  “Perfettamente normale, io passo attraverso le elezioni, la gente  decide”. I brogli elettorali? “Non mi risulta, ma per questo ci sono i  tribunali”. La piazza in protesta che denuncia “Russia Unita” come un  partito di malfattori? “Puri slogan elettorali, battute da comizio”».  [6]

    La riedizione, a parti invertite, del tandem con Medvedev fa parlare di “oligarchia politica”, accusa contestata da Putin: «E allora Kohl,  sedici anni al potere, cos’era? Di Berlusconi non parlo perché è un  mio amico. Ma il Premier canadese, altri sedici anni. Perché solo noi  diventiamo oligarchi? Penso che candidarci sia un nostro diritto  purché si agisca nell’ambito della legge e della costituzione». Perché  lo scambio di ruoli con Medvedev? «Il mio consenso era più alto di due  punti percentuali. E non poteva che essere così, visto che i poveri si  sono dimezzati e il reddito è cresciuto di 2,4 volte, mentre abbiamo  ripreso in mano un Paese a pezzi e abbiamo rianimato l’esercito,  risollevando perfino l’indice di natalità, problema di tutta l’Europa.  La gente sa che queste cose le ha fatte il governo. Ecco dove nasce la  mia ricandidatura». [6]

    Puntando su promesse di lavoro e orgoglio patriottico, Putin continua a raccogliere molti consensi nelle zone industriali: è a queste  maestranze che parla il faraonico piano di riarmo da 500 miliardi di  euro. Paolo Valentino: «Eppure è un consenso velato d’ansia, quasi  inerziale». Nadezhda, 33 anni, operaia in una fabbrica d’armi di  Izhevsk per 12 mila rubli al mese (300 euro), la settimana scorsa  diceva di votare Putin «per disperazione. Li ha visti gli altri  candidati?». Olga, giovane caporedattrice di un sito di notizie: «Ho  timore per quello che potrebbe succedere con un altro». Andrei,  studente di giornalismo: «Ha un programma per le trasformazioni  sociali in corso, gli altri no». Natalia, altra studentessa: «Il  livello di vita è migliorato». [7]

    «La disoccupazione è nascosta, il 2 per cento ufficiale è una bugia, siamo  quasi al 16 per cento. Si lavora meno ore o saltuariamente. Al posto delle  fabbriche ci sono i centri commerciali, dove non si vende e non si  compra nulla. Il tenore di vita è sceso, le famiglie non ce la fanno.  Chi ha un lavoro riceve salari minimi, le aziende sopravvivono da una  commessa all’altra», sostiene Ludmilla Saburova, sociologa attiva nel  movimento Za ciestnye vybory (per elezioni oneste). Andrei Konoval,  condirettore di Den, giornale e sito web, sostiene che in realtà la  maggioranza delle persone si sente offesa da Putin, «dalle troppe  promesse che non ha mai mantenuto in 12 anni, dalla corruzione senza  pudore che tollera e questa è l’ultima occasione che gli sta  offrendo». [7]

    La nuova classe media urbana, aperta alle nuove tecnologie e alla  modernizzazione del Paese, vuole cambiare: «Siete proprio sicuri che  la classe media sia contro di me? Magari in questa fascia di  popolazione il consenso per me si riduce, ma è sempre la maggioranza.  E poi, bisogna essere obiettivi: loro sono la novità, la Russia  moderna, ma il nuovo non sta tutto qui. Anche nell’agricoltura, ad  esempio, è in atto un processo di modernizzazione tecnologica. Non  facciamo errori, ci vuole equilibrio. Però, certo, ammetto che la  classe media è più esigente, e si scontra direttamente coi problemi,  la corruzione, il malfunzionamento della burocrazia. E noi dobbiamo  dare risposte. Ma questo riguarda tutto il sistema politico». [6]

    I sondaggi davano al secondo posto (20 per cento) Ghennady Zyuganov, leader del  partito comunista. Domenico Quirico: «A dicembre alle politiche ha  incassato 12 milioni di voti, 7 punti in più rispetto al 2007, comanda  a Novosibirsk e Omsk, a Vladivostok e a Voronezh, a Rjazan, centri  industriali e scientifici e culturali, tutti rossi. Sette giovani su  dieci hanno votato comunista». Un Nikolay laureato in farmacia che  guadagna 35 mila rubli al mese (meno di mille euro): «Non ho letto  abbastanza i sacri testi, Marx Lenin, forse li leggerò. Ho imparato  dalla vita. Mio padre era un handicappato, l’Urss si occupava della  gente come lui, oggi lo hanno lasciato crepare, mia madre, laureata,  ha dovuto andare in giro a fare la serva». [8]

    I giovani comunisti fanno parte della generazione che non ha  conosciuto il bolscevismo, che ha letto Solzenicyn a scuola. Maria:  «Mi ricordo l’insegnante che diceva sono felice per voi, siete i primi  russi liberi. Ma non era così, era una finzione, i brogli erano  colossali, la corruzione ovunque. Ma siamo incerti, confusi: molti di  noi non sono ancora pronti a battersi in piazza». Un Ivan che non  appartiene a nessun partito ma fa parte di una delle Ong mobilitate  contro i brogli: «Non siamo la rivoluzione dei giovani arabi. Nessuno  di noi è pronto alle barricate, ad assaltare palazzi. Putin vincerà.  Ma il risultato non conta, l’importante è fare, muoversi, agire. Un  anno fa nessuno ascoltava, io per primo, la radio, non si interessava  di politica. È cambiata l’atmosfera, abbiamo capito che eravamo  truffati». [8]

    Altri candidati: il nazionalista Vladimir Zhirinovsky, il liberale  Grigory Yavlinsky, l’oligarca Mikhail Prokhorov. Quest’ultimo ha  attirato le simpatie di alcuni giovani, alcuni intellettuali e gran  parte dei professionisti arrabbiati. B. Akunin: «A differenza degli  altri candidati, lui non è una nullità. Ma io penso che in realtà lui  voglia solo acquisire un certo peso politico per il futuro. Non  critica apertamente Putin proprio per non guastare i rapporti col  futuro presidente. E allora perché io dovrei aiutarlo a fare il suo  gioco?». Secondo lo scrittore «il punto debole per il potere» è la  «legittimità di queste elezioni. Temono seriamente che una parte  consistente del Paese rifiuti di riconoscere la validità del voto». [9]

    Putin gode di un consenso vero, ma solo un largo consenso elettorale può dargli credibilità. [10] La sua Russia è un Paese spesso oscuro,  crudele e tormentato, ma non è una dittatura. Franchetti: «Il sistema  che ha costruito potrebbe venire chiamato autoritario, ma è anche  molto più debole e insicuro di quello che appare. Può cercare di  controllare il Web con tattiche rudi da Kgb, perseguitare singoli  blogger e usare la propaganda. Ma la sua presa sulla società non è  abbastanza forte per costruire un “firewall” come quello cinese senza  provocare proteste ancora più accese. In molti si aspettano che Putin  invece faccia concessioni e acconsenta a qualche riforma». [1]

    Dopo 12 anni al vertice, ogni serio tentativo di combattere la  corruzione endemica potrebbe far crollare il sistema che sostiene  Putin. Franchetti: «Guardando il tenore di vita eccezionalmente alto  dei maggiori esponenti del governo e dell’amministrazione del  Cremlino, nessun russo più o meno informato crede che vivano del loro  modesto stipendio da funzionari. Chi non è corrotto possiede ricchi  business, spesso in combutta con gli oligarchi dei quali promuove gli  interessi». [1] E' illusorio aspettarsi un ridimensionamento del  capitalismo di Stato su cui Putin ha fin qui basato il suo potere.  Scott: «Al cuore del sistema ha installato l’élite (presa in larga  misura tra gli ex colleghi dei servizi di sicurezza) che lo mantiene  al comando, ben poco propensa a lasciarsi “modernizzare”». [5]

    Incalzato dalle proteste e in cerca di consenso, Putin ha promesso  aumenti delle pensioni per gli insegnanti, i medici, le forze  dell’ordine. Scott: «L’ultimo calcolo parla di 120 miliardi di euro in  spese sociali e di un budget costretto a contare su un prezzo del  petrolio a 150 dollari il barile per mantenersi in parità». [11] I  mercati saluteranno il ritorno di Putin al Cremlino appoggiando  l’indice Rts della Borsa di Mosca: arriverà a 2.500 punti se Putin  adotterà riforme radicali, si limiterà a 2.000 punti in caso di  riforme più modeste, scenderà a 1.500 nell’ipotesi di un giro di vite.  Kingsmill Bond di Citigroup: «Mi sembra che i mercati stiano prendendo  con troppa flemma i rischi legati a queste elezioni, continuano a  guadagnare, seguendo al rialzo i prezzi del petrolio». [5]

    Note: [1] Mark Franchetti, La Stampa 27/2; [2] Nicola Lombardozzi, la Repubblica 3/3; [3] Nicola Lombardozzi, la Repubblica 28/2; [4] Nicola Lombardozzi, la Repubblica 27/2; [5] Antonella Scott, Il Sole 24 Ore 3/3; [6] Ezio Mauro, la Repubblica 2/3; [7] Paolo Valentino, Corriere  della Sera 3/3; [8] Domenico Quirico, La Stampa 3/3; [9] Fabrizio Dragosei, Corriere della Sera 2/3; [10] Lucia Sgueglia, La Stampa 3/3;  [11] Antonella Scott, Il Sole 24 Ore 2/3.

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