Foto dal sito dell'Usb

il caso

A Taranto riparte la petroliera con il greggio per Israele ostaggio dell'Usb

Annarita Digiorgio 

La protesta contro Eni finisce con una borsettata di una signora in un occhio di un sindacalista. Il sindaco si schiera al fianco della mobilitazione. Ma la prefettura sblocca l'impasse e lascia partire la nave con il carburante destinato all'aviazione militare israeliana

"Se non fermerete immediatamente il carico della Sealsalvia, da lunedì mattina faremo ciò che sarà necessario: BLOCCHEREMO TUTTO! Non un litro di carburante entrerà o uscirà dallo stabilimento". Per cinque giorni la petroliera Sealsalvia è rimasta ostaggio dell’Usb nel porto di Taranto. Era arrivata venerdì scorso per caricare dalla raffineria Eni 30mila tonnellate di greggio destinate all’aviazione militare israeliana. Un gruppo di facinorosi, guidato da alcuni sindacalisti dell’Usb, si è radunato in porto per impedirlo: "Inizia il braccio di ferro con l’Eni, responsabile – dicono – del tradimento della volontà popolare che rifiuta di essere complice del genocidio del popolo palestinese".

La protesta, però, si è sgonfiata dopo poche ore quando uno dei sindacalisti ha ricevuto una borsettata in un occhio da parte di una signora. Il giorno seguente il sindaco si è affacciato al balcone con una bandiera palestinese: "La comunità di Taranto, già gravata da decenni di sacrifici ambientali, non può essere associata a traffici che colpiscono civili e violano il diritto umanitario", ha detto il primo cittadino di una città in gran parte occupata dalla Marina militare. "Il porto e il polo industriale devono servire la pace, il lavoro dignitoso e la transizione ecologica, non i bombardamenti. La nostra città rifiuta ogni complicità".

Nel frattempo in prefettura si è riunito il Comitato per l’ordine e la sicurezza, che ha stabilito che nessuno poteva bloccare la nave. Domenica – mentre i sindacalisti erano a pranzo dalla suocera, secondo i resoconti – la petroliera è tornata al molo, ha caricato il greggio e ha ripreso il largo. Lunedì mattina, dopo il giorno di riposo e nonostante la nave ormai lontana, l’Usb ha ripreso le proteste bloccando per mezza giornata i camion che riforniscono i distributori di tutta Italia: "L’Eni pagherà cara la violenza che ha scaricato sulla città; pagherà per aver macchiato di sangue il nostro porto, pagherà per aver mentito e imbrogliato", hanno dichiarato.

La nave ha poi fatto rotta verso la Grecia, carica di petrolio destinato a Israele. Sullo sfondo, lo scontro resta acceso: da una parte la multinazionale e le rotte energetiche internazionali, dall’altra una comunità che reclama giustizia e che cerca simboli e ­sostegni per la propria protesta.

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