il lutto

Addio a Mirella Petteni, musa silenziosa dell'eleganza anni Sessanta

Fabiana Giacomotti

Fu volto prediletto di Barbieri, Penn e Newton. Androgina, intensa, riservata: dopo la moda scelse la filantropia. La notizia della sua morte circola con molta discrezione nel giorno in cui Armani ufficializza l’acquisizione della Capannina al Forte

Nello stesso giorno in cui Giorgio Armani ufficializza l’acquisizione della Capannina al Forte, simbolo ormai pop delle estati del nostro contento e che l’immaginario nazionale ha ormai indissolubilmente fissato ai Sessanta, a Roma sta circolando con molta discrezione la notizia della scomparsa di uno dei volti più eleganti di quella stagione e di quel decennio, Mirella Petteni, vedova del produttore Robert Nissim Haggiag, amatissima da Gian Paolo Barbieri, che la considerava la sua musa insieme con Veruschka, ma anche da Irving Penn ed Helmut Newton.

Asciutta, i lineamenti androgini, gli occhi grandi, una tenacia dichiaratamente “bergamasca”, quando la intervistammo per l’ultima volta, otto anni fa, ci disse che dopo quella stagione irripetibile aveva abbandonato i set fotografici non per noia, ma perché “nella vita bisogna evolversi”. E infatti lei si era dedicata alla filantropia e soprattutto alla Jerusalem Foundation-Italy, fondazione di cui ha occupato fino all’ultimo istante la carica di presidente onoraria. Fra i tanti modi diversi di affrontare quel moloch al tempo stesso pesante e leggerissimo che per l’Italia sono stati i Sessanta, non a caso accompagnati dall’aggettivo ubiquitario “mitici”, Armani ha scelto la strada opposta: quella della memoria. Nella vita, o per meglio dire a un certo punto della vita, i ricordi, le impressioni cementate ma anche levigate dal tempo tornano vive, al punto da determinare scelte imprenditoriali che sono strategie dell’affetto, più che valutazioni di ordine economico.

Dunque, e a prescindere dalle indiscrezioni che parlano di un accordo da 12 milioni di euro, e non molti di meno si renderanno necessari per ridare anima e stile a quel luogo centenario, tanto chic quanto trascurato dagli ultimi anni della gestione Guidi, nella sua dichiarazione ufficiale Armani non ha potuto trattenersi dallo specificare che proprio lì, e proprio nei Sessanta, conobbe l’uomo che più gli sarebbe stato vicino negli anni della sua prima ascesa anzi del debutto, Sergio Galeotti, e che al Forte e alla Capannina si senta legato da un affetto profondo. Per la prossima estate, arriveranno i decoratori, anzi arriverà sempre lui, Armani, a revisionare tutto e a ridare allure a un luogo sorto come capanno di un falegname e trasformato nel simbolo di tutti i sapori di sale estivi. Tornerà elegante, con quel pizzico di trascuratezza che è il segno dello chic. Ma questa scelta non parla di industria, parla di memoria.

 

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