"Camicie nere" e "zecche rosse". Dagli scontri a Bologna alla battaglia politica
Trecento neofascisti in corteo, mentre gli antagonisti si scontrano con la polizia. Lepore (Pd): "Ci avete mandato 300 camicie nere", Salvini: "Chiudere i centri sociali occupati da zecche rosse, comunisti, delinquenti". La Russa: "La sinistra non offra un ombrello ai violenti"
Dalla piazza alla politica, a Bologna gli scontri continuano. Sabato 9 novembre, trecento esponenti della Rete dei Patrioti e di Casapound, arrivati da fuori città tutti vestiti di nero, con il tricolore e cantando l'inno nazionale, hanno sfilato in corteo contro il degrado cittadino chiedendo alle istituzioni una maggiore sicurezza. Contro di loro, tre diverse manifestazioni. Alla mattina un sit-in dell’Anpi a cui ha partecipato anche Elly Schlein, anche in vista delle elezioni regionali della settimana prossima. A questo sit-in hanno partecipato anche la Cgil, il Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi e Sinistra. Nel pomeriggio poi sono scesi in piazza circa 1.200 antagonisti, militanti dei centri sociali, a cui si è aggiunto un piccolo corteo di circa 200 anarchici. Alcuni partecipanti alla manifestazione dei collettivi hanno cercato di raggiungere i neofascisti ma sono stati fermati da una decina di agenti di polizia nel parco della Montagnola: negli scontri sono rimasti feriti lievemente tre agenti e una decina di manifestanti. Anche il corteo degli anarchici, che arrivava dalla direzione opposta, da via Giacomo Matteotti, ha provato a entrare in contatto con i neofascisti ma è stato bloccato, senza violenze. Quando il corteo di Casapound è partito, è stato colpito da lanci di oggetti, secchiate d’acqua e petardi gettati dalle finestre delle case vicine.
Ma la vera "battaglia" è iniziata il giorno dopo: quella della polemica politica. Domenica in una nota la premier Giorgia Meloni ha condannato le violenze e accusato la sinistra di "tollerare e, talvolta, […] foraggiare questi facinorosi". Sempre ieri, durante un evento per la campagna elettorale in Umbria (anche lì si voterà fra una settimana) il vicepremier Matteo Salvini ha detto che chiederà al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di chiudere "questi centri sociali occupati dalle zecche rosse" e definiti "covi di delinquenti".
Dall'altra parte, il sindaco Matteo Lepore del Partito democratico ha detto che il governo ha "mandato 300 camicie nere". Lepore ha spiegato che inizialmente il questore e il prefetto erano d’accordo nello spostare la manifestazione in una zona più periferica della città, lontato almeno dalla stazione, dove nel 1980 una strage neofascista uccise 85 persone: secondo il sindaco però "qualcuno da Roma ha chiamato e le cose sono cambiate", e il prefetto ha autorizzato il corteo in centro. Il sindaco di Bologna è stato attaccato dalla destra per non aver criticato le azioni degli antagonisti e anche perché in piazza contro la polizia c'era anche la vicesindaca Emily Clancy. "Può manifestare, ma assumendosi le responsabilità politiche di quello che avviene nel corteo", ha detto a proposito il presidente del Senato Ignazio La Russa in un'intervista al Corriere della Sera e ha aggiunto che la sinistra ha sbagliato a scendere in piazza: "C’è un cordone ombelicale che deve decidersi a recidere. Non basta essere d’accordo su principi generali, come l’antifascismo, per unirsi a qualsiasi compagnia. Le compagnie bisogna scegliersele. O si finisce per offrire un ombrello ai violenti". Nel dibattito già infuocato interviene anche il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri: "Le parole della Schlein ci stanno portando indietro nel tempo, alle soglie del brigatismo" a cui il Pd risponde con i presidenti dei gruppi al Senato e alla Camera, Francesco Boccia e Chiara Braga: "Accuse gravi e false".
Certo, anche la campagna elettorale ha il suo peso, nello scontro: domenica 17 e lunedì 18 novembre si voterà per le regionali in Emilia-Romagna. Meloni, Salvini e l'altro vicepremier Antonio Tajani saranno oggi a Bologna per un comizio. Come se non bastasse, venerdì prossimo si terrà uno sciopero nazionale studentesco chiamato "No Meloni day", pubblicizzato dagli organizzatori con alcuni manifesti che ritraggono la presidente del Consiglio e la ministra dell'Università Anna Maria Bernini sporche di sangue. E proprio la premier è attesa oggi a Bologna per la chiusura della campagna elettorale a sostegno della candidata governatrice Elena Ugolini assieme al segretario della Lega e vicepremier Matteo Salvini, Maurizio Lupi di Noi moderati e Antonio Tajani leader di Forza Italia.