Emiliano e il polpo crudo

“Bari è ancora città di mafia e ‘la primavera' ha fallito”, parla il prof. Romano

Gabriele De Campis

Un omicidio, quello del boss Lello Capriati, e tre agguati di mafia in pochi giorni fanno ripiombare una cappa plumbea su Bari. "La primavera barese è retorica populista senza azione", dice Onofrio Romano, sociologo di Roma Tre

L’uccisione del boss Lello Capriati fa ripiombare una cappa plumbea su Bari, già monitorata da una commissione  del ministero dell’Interno per verificare le possibili infiltrazioni dei clan. L’antefatto? La Dda a fine febbraio ha arrestato 130 persone (tra cui due politici di stanza nel centrosinistra) su una trama di malaffare mafioso. “E’ tornato in auge un modello politico che genera l’infiltrazione criminale: ovvero con l’élite che fa riverniciature della città grazie al fondi Ue mentre i bisogni veri del popolo restano in mano ai procacciatori di voti e alla zona grigia. Per questo Bari non riesce  fare quel salto che auspicava vent’anni fa”, dice Onofrio Romano, sociologo di Roma Tre, nonché allievo di Franco Cassano. 

 

Un omicidio, tre agguati di mafia in pochi giorni, e qualche settimana fa una grande piazza del sindaco Decaro, col governatore Emiliano per dire che Bari ha le mani pulite.  La realtà sembra una trama per il prossimo noir di Gianrico Carofiglio. “Quelli criminali sono fenomeni che in realtà non si sono mai arrestati”, dice il professor Onofrio Romano. “La camorra barese ha subìto colpi pesanti negli ultimi anni ma le trame rimangono”, analizza lo studioso barese. “Non so se si sta realizzando quello che ha evocato  Michele Emiliano quando Piantedosi ha mandato la commissione, ovvero che avrebbe isolato o indebolito il governo della città e avrebbe isolato un po’ Decaro,  mentre i clan ora  rialzano la testa. La sensazione è che quando si va a intaccare certi avamposti, che con tutta l’approssimazione possibile rappresentano i simboli della legalità, il rischio è che certe forze riprendono il sopravvento”.

 

Che città emerge oltre la narrazione della primavera pugliese, ovvero della stagione di rinascita con Vendola, Emiliano Decaro e la partecipazione attiva delle associazioni dal basso? “Era uno storytelling, la partecipazione dal basso non c’è mai stata. La primavera si è caratterizzata fin dal 2005 per un modello fondato su una logica giacobina, un governo degli illuminati. Il vero pezzo mancante è il collegamento tra l’avanguardia della città e la base popolare.   La partecipazione – puntualizza Romano – era possibile all’inizio, anche con un governo partecipativo, per l’effervescenza collettiva e una  nuova egemonia in città, innovando, ma questo non lo si è fatto. E si è scelto di puntare sui leader carismatici della primavera, da Vendola in poi, connessi con il popolo attraverso le agenzie di comunicazione”. La realtà di oggi è anche figlia di queste pratiche? “La base così non matura una  coscienza politica. Il ‘senso popolare’ rinasce solo in forma di simulacro, materia per il marketing politico elettorale: Antonio Cassano, il polpo crudo, la sagra religiosa, nell’ambito di una retorica populista, ma senza un’azione che rende la  popolazione attiva nella vicenda della  primavera”. 

 

I numeri dell’economia cosa dicono? “Emerge una nota dolente. Ci siamo illusi che in qualche maniera una azione di modernizzazione civica avrebbe potuto connettere Bari e la Puglia, zone periferiche,  all’Europa, pur essendo quart’ultima regione per performance economiche nel continente. Abbiamo invece una  economia che sta sotto quella greca. Emergono i limiti dell’avere preferito a una reale  industrializzazione, l’economia digitale i servizi e il turismo. Questi sono però settori a  rischio, perché hanno un minimo impatto occupazionale o generano  lavoro di bassa  qualità e tante rendite”.

 

Giovedì e venerdì arrivano in città Conte, Vendola e Schlein: “E’ assurda e insolita questa drammatizzazione delle primarie baresi del centrosinistra, che non appassionano, in cui non si capisce quale sia la posta in gioco, perché i due rivali, Vito Leccese e Michele Laforgia rappresentano mondi simili come disegno politico. La consultazione si terrà dopo tante polemiche sui rischi di infiltrazioni che possono influenzare l’esito finale”. “Il nodo è come la politica dà risposte ai bisogni vivi della società? Certo, fanno le primarie negli alberghi, perché in 20 anni non hanno costruito sedi o presidi nei quartieri”, chiosa Romano. Professore allora non saranno primarie ma “albergarie”. “Il neologismo sembra calzante”.

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