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a torino

Il funerale di Vittorio Emanuele è il Sanremo dei monarchici

Michele Masneri

Sotto la pioggia battente, Torino dà l'addio al quasi-re. Un racconto

Torino. Insomma il giorno tanto atteso (si fa per dire) è arrivato. Dopo la camera ardente di venerdì alla Venaria Reale, nel duomo sotto una pioggia battente Vittorio Emanuele sabato è stato celebrato nel suo trapasso terreno. Nello stesso giorno in cui finiva Sanremo, qui ecco i superospiti. Vince donna Sofia di Spagna, regina madre o emerita che dir si voglia, in formissima (dopo aver tumulato il marito cacciatore in utroque in quel degli emirati sta da Dio, come tutte le donne che si liberano dei mariti pestilenziali. Super ospite da funerale, accoglie tutti i curtsy dellle gentildonne, è una delle pochissime come ama ricordare ad essere figlia, moglie e madre - oltre che cristiana come Meloni -  di Re). Arriva tra le prime con un piccolo seguito tra cui una soldatessa in basco con valigetta con stemma reale, forse codici nucleari ma non risulta che la Spagna abbia l’atomica. Poi in ordine di importanza Alberto di Monaco reduce proprio dal festival di Sanremo. Poi un’infilata di reali o semireali, di regni ormai perduti o piccoli e fiscalmente paradisiaci, i Lussemburgo, gli Albania, Martino d’Asburgo arciduca e nipote dell’imperatrice Zita, e dell’età della sicurezza e di un mondo che qui tutti rimpiangeranno, di professione fa il riso nella Lomellina di cui per intricate vicende araldiche e agricole è principe (chissà come si pone sulla questione trattori). Sull’altare, a sinistra la famiglia, a destra le teste coronate o semicoronate. Tra le navate della chiesa, settori contraddistinti da lettere (“D”, “amici”, “F”, stampa).

 

Servizio d’ordine poderoso tra polizia, guardie reali, arditi in mantella nera, e tutto un cappotto col bavero alzato e sguardo guerriero tra le zoppie, una certa arietta d’ordine e disciplina. “Lei è un’altezza reale?” No, purtroppo. “Allora vada nel settore F”. Nel “D” molti  “amici” ci son molti romani di nobiltà bianca, i Cavalletti, i Giovanelli, mancano i Gaetani, sull’altare sale  Hugo Windish-Graetz già gentiluomo di Sua Santità, abbronzatura carbonizzata, dietro Sofia e Alberto, vicino a Carlo e Camilla. Ma non sono quelli che pensiamo, si parla dei Borbone-Due Sicilie. (Sono fantastici, dinastia dei Parioli, lei figlia della leggendaria Edy Vessel sposata Crociani quello dello scandalo Finmeccanica, produttori di radar. Ma non c’è). Carlo è qui in rappresentanza con la figlia Maria Carolina, bionda rich kid, residenza monegasca, Instagram assertivo, dicevano avesse una storia con un erede di Danimarca, e si sa che è a queste kermesse poi che nascono gli accoppiamenti reali. Chi c’è mai di interessante per lei? Il granduca di Russia? Ha sposato la figlia dell’ambasciatore Bettarini già a Bruxelles.  Jean-Christophe Napoléon Bonaparte, erede, belloccio, è sposatissimo. Lorenzo del Belgio non molto appetibile e già maritato, Henri del Lussemburgo ricchissimo e accasatissimo. Forse bisogna puntare su Leka di Albania, quarantenne che ha sposato pure lui un’attrice come Emanuele Filiberto, ma si sta separando. Come erede al trono di Napoli, magari finisce che Maria Carolina si sposa un neomelodico, o il bistrattato Geolier. Sarebbe un bel colpo.

 

Ci sono poi diversi sindaci con fascia tricolore, anche Gabriele Albertini; nessun esponente dell’altro clan sovrano, gli Agnelli, che hanno altre gatte da pelare. Neanche Lapo che pure aveva fatto uno dei rari necrologi forse solidarizzando (tra eredi sfortunati in esilio portoghese). Il beato Pier Giorgio Frassati, degli antichi padroni della Stampa, ritratto nella cappella di sinistra del duomo, ricorda un altro pezzo di storia torinese. Gli inviati di Point de Vue, la Youporn per gli appassionati di reali, fanno video, mentre alcune guardie d’onore dicono che non si possono scattare foto, si vabbè. I più scatenati sono quelli del settore D, stormi di telefoni alzati come a un concerto di Laura Pausini, tanti telefoni Android con custodia a portafoglietto, alcuni anche con lo stemma sabaudo.

 

Il Vescovo che più che vescovo è “Gran Priore degli Ordini Dinastici dei Savoia”, monsignor de Nicolò, è  eccitatissimo da tanto parterre e si confonde, sembra il cavaliere (torinese) Chevalley alla corte del principe di Salina e sbaglia un po’ con le precedenze.  “Altezze reali, maestà, altezze imperiali, eccellenze”, vabbè, poi si lancia in una concione su Vittorio Emanuele e la casa Savoia (“una certa principesca fierezza…”, mah), poi parla di doni, pare Allevi, ma qui il dono principale è “quello della sovranità dato da Dio ai Savoia attraverso l’anello di san Maurizio,  donato dall’abate Rodolfo  Per tutte le investiture del regno”. Vabbè. E poi naturalmente “per l’acquisizione della Sacra sindone donata  dal Signore alla Real casa di Savoia e dal re Umberto donata alla Santa chiesa” (intanto nei monitor per i turisti tra le navate vanno in onda i video di promozione della Sindone che qui è custodita: in varie lingue, anche in cirillico… “Lunga 442 e larga 113 centimetri,  ha una serie di lacune angolari…”).

 

Però il vescovo anzi gran priore non accenna ad alcuna lacuna del pur regale defunto. Parla di “vita incantevole e un po’ squinternata”, che non è male come definizione, molto fitzgeraldiana, però a proposito di prediche a funerali importanti arcitaliani, l’arcivesco di Milano Delpini alle esequie di Silvio Berlusconi era stato più schiena dritta. Poi monsignore legge il messaggio di Papa Francesco che pure qui dentro tra mantiglie, baschi, mantelle nere e guardie d’onore non dev’essere amatissimo.

 

Non sbaglia una precedenza invece il leggendario Alberto Bochicchio, gentiluomo di Sua Santità, che dirige la cerimonia, è il direttore artistico di questo festival monarchico: accompagna la regina Sofia, prende a braccetto Alberto di Monaco, guida e dirige le Altezze reali e serenissime planando tra le navate in un lungo piano sequenza da Bunuel. Premio della sala stampa a Aimone di Savoia-Aosta, elegantissimo, aria da attore di Hollywood, sta a sinistra, primo a portare la bara, poi tanti abbraccioni col cugino Emanuele Filiberto, tipo Fiorello e Amadeus nella serata conclusiva di Sanremo. Insomma almeno una cosa l’abbiamo portata a casa, la fine delle ostilità tra i due rami di casa Savoia (ma i due non se ne vanno in carrozza). Un signore dice: “del resto la questione è chiara. Sono i veri eredi quelli che sono andati in esilio. Punto”. Aimone è con la moglie Olga di Grecia, capelli bianchi scarmigliati, ganzissima, una Frances McDormand con corona chiusa. Loro vivono a Milano: e addirittura lavorano.

  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).