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editoriali

Negrar e il rischio che dal populismo giudiziario si passi alle vie di fatto

L’altra notte la casa di Begalli, l'uomo che ha investito e ucciso Chris Obeng Abon, è stata presa d’assalto da una trentina di ragazzi, incappucciati. Al grido di “assassino, devi morire, ti ammazziamo”, hanno tentato un linciaggio in piena regola

"Les Misérables” è un duro film del regista francese di origini maliane Ladj Ly, che si conclude con il drammatico assalto di una banda di ragazzini franco-africani che vogliono farsi giustizia di alcuni poliziotti violenti e razzisti ma “protetti” da una legge che, nel film, non fa nemmeno lo sforzo di comparire. È la banlieue parigina, sappiamo quanto sia infiammabile. Ma Negrar, provincia di Verona, non è banlieue. Anche Davide Begalli, l’uomo che ha investito e ucciso Chris Obeng Abon, quattordici anni, fuggendo senza prestare soccorsi che lo avrebbero forse salvato, non è un razzista violento come i poliziotti del film. Può darsi, lo stabiliranno i giudici – è agli arresti domiciliari indagato per omicidio stradale – che sia colpevole, anche di una volontaria omissione di soccorso. Ma c’è per l’appunto un procedimento in corso, e una legge che, in questo caso, si è subito fatta presente. Eppure l’altra notte la casa di Begalli è stata presa d’assalto da una trentina di ragazzi, incappucciati, molti immigrati, amici di Chris. Al grido di “assassino, devi morire, ti ammazziamo”, hanno tentato un linciaggio in piena regola.

Le banlieue sono lontane, il razzismo qui è solo una tragica aggiunta del caso, ma è vero che in Italia un clima da populismo giudiziario, e da giustizialismo mediatico, sta facendo di tutto per trasformare Negrar nel prossimo set di Ladj Ly. Il reato di omicidio stradale esiste, anche se non tutti gli incidenti sono oggettivamente omicidi. Ma se la magistratura dichiara che “Begalli ha mostrato spregio della vita umana” prima che sia provato, rischia l’effetto di esacerbare chi pretende di farsi giustizia da solo. Le cronache recenti segnalano casi analoghi (l’avvocata d’ufficio di Zakaria Atquaoui, l’assassino di Sofia Castelli a Cologno, è stata minacciata da persone che pretendevano la rinuncia all’incarico). L’informazione è spesso responsabile di soffiare su situazioni già dolorose e incandescenti, e dal canto suo la politica sembra non saper dare altre risposte se non quelle di inasprimenti punitivi. Non una buona strada.