1930-2022

Tito Stagno, la nostra faccia della luna

Antonio Padovan

Addio al giornalista che raccontò in diretta televisiva lo sbarco dell'uomo sul satellite. Grazie a lui, noi Italiani siamo arrivati sulla luna un po’ prima degli altri, anche prima degli americani

Ho conosciuto Tito Stagno tre anni fa. Una mattina soleggiata, in un salotto di una produzione cinematografica a Roma, inscenammo un’intervista tra lui e Gian Antonio Stella. L’avrei usata in una scena del mio film Il Grande Passo: l’avrebbero vista nella televisione di un piccolo bar sperduto tra le nebbie della campagna veneta i “fratelli” Giuseppe Battiston e Stefano Fresi. Nel film, il personaggio di Giuseppe ha passato l’intera vita costruendo un razzo per arrivare da solo sulla luna, perseguendo un sogno iniziato la notte del 20 luglio 1969, quando seduto sulle ginocchia del padre guardò rapito la diretta del primo sbarco dell’uomo sul corpo celeste. Guardò Tito Stagno.

Ad ogni presentazione del film a cui partecipo mi succede che al termine della proiezione qualcuno, avvicinandomi, mi confessi che anche lei o lui, quella notte magica, la ricorda esattamente così, “che emozione quando Tito Stagno disse in anticipo ha toccato!”.

Si perché quella notte ci fu un leggendario malinteso in diretta tra lui e Ruggero Orlando, in collegamento dagli Stati Uniti, e Tito dette l’annuncio troppo presto. Grazie a lui, noi italiani siamo arrivati sulla luna un po’ prima degli altri, anche prima degli americani.

 

Per la cronaca, Tito quel giorno mi spiegò che l’Eagle, il modulo di atterraggio, aveva delle sonde che penzolavano e che avrebbero sondato il terreno un paio di metri prima del contatto, e che lui intendeva che “aveva toccato” con le sonde. E pochi secondi dopo l’Eagle toccò anche con i piedi, atterrò. “Quindi avevamo ragione entrambi, sia io che Ruggero” sorrise raccontandomelo.

Quello del 1969 era un mondo impregnato di sogni e di speranze, inimmaginabile oggi a noi che viviamo ammalati di paure, che passiamo ore con lo sguardo abbassato sul nostro smartphone invece che alzato verso l’alto, verso il cielo. Nel mezzo di una guerra fredda, Tito raccontò al nostro paese la più grande avventura della storia dell’uomo, un viaggio che conteneva l’illusione che il mondo sarebbe cambiato. Legando indelebilmente il suo volto a quel viaggio, per noi italiani Tito Stagno resterà per sempre la faccia di quell’avventura, la nostra faccia della luna.

La sua diretta televisiva durò venticinque ore. Mi raccontò che a un certo punto le luci scaldavano talmente tanto che chiese all’allora direttore della Rai il permesso di togliere almeno la giacca. Quando, vista la solennità del momento, gli fu rifiutato di restare in camicia, lui per non sudare si tolse i pantaloni, visto che dietro la scrivania non si sarebbe visto.

Portò gli italiani sulla luna in mutande, facendoci tornare bambini per una notte e insegnandoci a sognare.