I dati

Nel 2020 la popolazione italiana è diminuita di oltre 380mila unità

Ruggiero Montenegro

Sempre più anziani e sempre meno numerosi: crescono i decessi, crolla la natalità e aumenta l'età media. La demografia italiana alla prova del Covid

Un paese sempre più anziano e con una popolazione sempre meno numerosa, dove si muore molto più di quanto non si nasca, e in cui il ricambio demografico si fa più difficile, a causa delle dinamiche Covid e dei suoi effetti.

 

È il quadro, allarmante, che arriva dall'Istat, secondo cui nel solo 2020 la popolazione italiana residente è scesa di oltre 380 mila unità: una stima condizionata da fattori e spinte ormai strutturali della nostra società, accentuate, se non proprio esasperate, dalla pandemia. E così al costante calo delle nascite, che porta il numero medio di figli per donna a 1,24, il dato più basso dal 2003, si associa l'aumento della mortalità negli over 50 e una riduzione della mobilità e dei trasferimenti di residenza. 
 

 

La popolazione residente in Italia, in calo dal 2015

 

Nel 2020, la popolazione residente in Italia è diminuita di 383 mila unità, passando da 59.641 a 59.258, dato calcolato al 1° gennaio 2021. Come mostra il grafico, la diminuzione non rappresenta una novità ma si inserisce nella tendenza più ampia che va avanti oramai dal 2014, quando si è toccata la quota record di 60,346 milioni di abitanti, dopo una crescita che ha segnato tutto l'inizio del millennio.

 

 

E dunque, su questo trend, che possiamo definire strutturale, agiscono spinte che si legano direttamente agli effetti sanitari del Covid, e altre che risentono degli effetti di leggi e provvedimenti, di restrizioni e condizioni oggettive. 

 

In primo luogo, il saldo nascite-decessi. Questa cifra ammonta in negativo a 342 mila unità: le nascite sono state 404mila mentre le morti “raggiungono un livello eccezionale” di 746 mila. E infatti, stima Istat sulla base del monitoraggio effettuato dall'Istituto superiore Sanità, si contano lo scorso anno almeno 99mila morti in più rispetto a quelli attesi (si consideri che nei primi due mesi del 2020, i decessi sono stati 6.877 in meno del 2019). Di questi, 46 mila sarebbero decessi femminili e 53milla quelli maschili, ma soprattutto ricostruisce l'Istituto di statistica, le perdite "in eccesso", riguardano tutte la popolazione dai 50 anni in su, con una tendenza direttamente proporzionale all'avanzare dell'età. 
 

 

Eccesso di mortalità per sesso ed età, grafico Istat -Indicatori demografici

 

 Anche sul fronte delle nascite, il 2020 "segna l'ennesima riduzione che sembra non avere fine": dal 2008 il calo percentuale è del 30 per cento, che in valori assoluti si traduce con un passaggio dai 577 neonati di 12 anni fa a 404 mila dell'ultima rilevazione. Il tasso di fecondità è oggi a 1,24 figli per donna (era 1,27 nel 2019) e, come fa notare Istat, non è da escludere che sull'ulteriore contrazione di questo numero, abbiano pesato l'impatto psicologico della pandemia e le condizioni economiche da essa determinate.

 

Principali indicatori di fecondità per regione - Grafico Istat, rapporto indicatori demografici 2020

 

Non ci sono sostanziali differenze a livello di territori, che hanno tutti risentito più o meno allo stesso modo del calo delle nascite. Ad ogni modo, l'indice di fertilità risulta più alto nelle regioni del nord, 1,27 figli per donna (1,31 nel 2019), poi al sud dove si ferma a 1,23 (era a 1,26) e al centro del paese, oggi 1,17 (era a 1,19). E in questo quadro si assiste anche all'aumento dell'età media della popolazione, che oggi arriva fino a 46 anni, mentre era 45,7 all'inizio del 2020.

 

Le altre cause del calo: il saldo migratorio

 

Ai numeri impietosi che derivano dal saldo naturale, si aggiungono poi le conseguenze per così dire, di leggi e restrizioni. Le migrazioni rappresentano per l'Italia una delle componenti più influenti sugli indicatori demografici e la chiusura delle frontiere ha inevitabilmente fermato questo tipo di dinamica. Nel 2020, Ie richieste di residenza provenienti dall'estero sono state 221mila, in calo del 34 per cento sul 2019 quando erano state 333 mila. Le cancellazioni sono state invece 142 mila (erano 180 mila un anno prima). Ne risulta, secondo Istat, un saldo migratorio netto con l'estero pari 1,3 per mille abitanti italiani: "esattamente la metà di quello rilevato nel 2019", si legge sul comunicato stampa. Un calo che ha colpito in particolar modo le regioni del centro e del nord Italia. In questo scenario, al 1° gennaio 2021 gli stranieri residenti in Italia sono 5 milioni e 36mila (-4mila sul 2020). E ci sono infine questioni che si legano per lo più alla burocrazia, ovvero a quelle operazioni di allineamento e revisione delle anagrafi quali la concessione di certificati di cittadinanza (per gli stranieri) o di residenza: da questo punto di vista, si stima una riduzione della popolazione residente di 121 mila unità. 

 

 

 

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