Quando la neve ritorna a Milano

Le canzoni che Enzo Jannacci e Giorgio Gaber non hanno mai scritto sulla Madonnina sotto una nevicata e la musica dei fiocchi che cadono

Giovanni Battistuzzi

Raccontava Enzo Jannacci che quando Milano ha iniziato "a tirare la volata all'economia italiana, negli anni Sessanta, ha iniziato a fare a meno pure della neve". Ce ne era sempre meno di neve a Milano, "e non ci si stupisce del perché: rallenta tutti, fa star fermi, mica è come la pioggia che dopo un po' nemmeno la senti più. La neve la senti". E la senti prima nel naso, ché si annuncia prima alle narici, quando il freddo inizia ad avere un odore particolare, e poi, ma solo quando c'è agli occhi.

 

Per Jannacci, che c'aveva orecchio, "perché ci vuole orecchio / Bisogna avere il pacco / Immerso dentro al secchio / Bisogna averlo tutto / Tanto, anzi parecchio", la neve c'aveva pure "un suono, come una musica, un notturno di Chopin, ma te lo senti dentro, mica lo senti fuori. Fuori senti solo lo sferragliare delle pale dei teroni che la spalavano. Una volta m'ero messo a scrivere una canzone sui teroni che spalavano la neve. Ma poi mi sono detto che ero un pirla, che di neve c'era più e con loro nemmeno i teroni che la spalavano".

  

La neve ogni tanto però torna e quando torna ci sono sempre molte foto che girano perché vale ancora quello che diceva Giorgio Gaber, che di Jannacci era amico e come lui una canzone sulla neve a Milano non l'ha mai scritto, "perché quando c'era spesso ero troppo impegnato a tirare le palle di neve agli amichetti e quando non c'era più ero troppo impegnato a pensare a quando ero troppo impegnato a tirare le palle di neve agli amichetti".

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