Cosmopolitics

Mike Pence vs Kamala Harris

Il dibattito tra i candidati alla vicepresidenza in America diventa rilevante. I preparativi e un divieto

Paola Peduzzi

Alzi la mano chi si ricorda anche solo una frase del dibattito tra vicepresidenti del 2016. Niente? Ma questo è il 2020, il presidente ha il Covid, il rito elettorale è diventato incerto e forse l'ultimo dibattito della stagione è questa settimana: tra i numero due

I preparativi per il dibattito minore, quello dei candidati alla vicepresidenza degli Stati Uniti, sono tutt’a un tratto diventati rilevanti: i novanta minuti di incontro tra Mike Pence, in ticket con Donald Trump, e Kamala Harris, in ticket con Joe Biden, a Salt Lake City potrebbero essere l’ultimo duello tv della stagione elettorale 2020. Tutti gli appuntamenti programmati sono in forse, il presidente Trump ha il Covid, non si sa con certezza quando lo ha preso né come sia realmente il suo stato di salute – è il regno della falsità, questo, non si riesce più a credere nemmeno a quel che si vede, se quel che ci mostrano è un presidente in camicia un po’ pallido che firma fogli bianchi – e quindi diventa rilevante anche quel che prima era soltanto una distrazione, quest’anno forse una boccata d’aria e di gioventù: il dibattito dei numeri due.


Pence è sotto pressione: tutte le incombenze istituzionali girano attorno a lui (se Trump sta molto male, e il suo entourage decide di farlo sapere a tutti, i poteri presidenziali passano a Pence) così come toccherà a lui difendere l’operato dell’Amministrazione sulla gestione della pandemia, missione ancora più complessa ora che il presidente è stato ricoverato in ospedale. Pence ha fama di essere un politico calmo e preparato, si scompone molto di rado e tendenzialmente non quando viene provocato: ha imparato, dicono i suoi, che per averla vinta non devi cadere nelle trappole che ti tende il tuo avversario, semmai riderci sopra. Se questa sua arte gli sia mai stata utile nell’esercizio della vicepresidenza non lo sappiamo: non si ricordano grandi cose fatte, pensate o dette da Pence, l’Amministrazione Trump è un one man show. Però Pence è comunque stato al governo negli ultimi quattro anni, e questo in un dibattito che nasce per sua natura più sulle politiche che sul carattere personale ha un peso importante.


Kamala Harris è l’unica grande novità di questa campagna elettorale e non soltanto perché è nera e di colore, ma soprattutto perché ha 55 anni, saltella giù dagli scalini degli aerei senza farci preoccupare, mette la mascherina e quando non ce l’ha solitamente sorride. La Harris è la normalità, la vita che va avanti, l’idea che domani potrà essere meglio di ieri: tutto quel che questa stagione di voto e di pandemia ci ha negato, ogni tanto ce lo restituisce Kamala. Per il dibattito si è fatta preparare dall’ex avversario delle primarie Pete Buttigieg, che è cristiano e dell’Indiana come Pence (le similitudini finiscono qui) e che ha aiutato la Harris a migliorare su due aspetti, che sono considerati le sue debolezze: essere efficace anche quando è sulla difensiva, improvvisare quando non conosce tutti i dettagli alla perfezione. La candidata alla vicepresidenza per il Partito democratico era procuratore generale in California, è famosa per i suoi interrogatori al Senato, sa come si attacca, punta dritto a dove sa di poter fare male e su alcuni temi – la giustizia in senso lato – è fortissima. Ma quando è lei sotto attacco è meno sicura e come molti secchioni quando non conosce alla perfezione le cose rischia di fare scena muta.


Domani sera i numeri due, solitamente negletti (qualcuno ricorda una sola battuta del dibattito tra Pence e il vice di Hillary, Tim Kaine, nel 2016?), avranno occhi e riflettori addosso, sarà forse l’unica occasione in cui sentiremo parlare di come si immaginano l’America del futuro, quali sono le priorità dell’una e dell’altra presidenza, magari anche quali sono le loro ambizioni. Ci diciamo sempre che è questo che vorremmo dai nostri leader politici, chiarezza e visione, e per una sera dovremo dirci soddisfatti (vietata la noia, vietata l’indignazione verso chi commenterà com’è vestita Kamala solo perché è una donna, vietata l’invidia perché comunque sarà vestita, Kamala sarà perfetta). 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi