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Un consiglio d'amore che va bene anche per la politica

Paola Peduzzi

Un’estate all’insegna di Ruth Bader Ginsburg, divenuta un’icona del femminismo occidentale nonché uno dei baluardi contro il trumpismo

Guardatemi sono viva, ha detto Ruth Bader Ginsburg sabato al National Book Festival di Washington con la sua voce calma, lo scialle sulle spalle strette, il corpo sottile, “sono sulla strada giusta per stare molto bene”, ha aggiunto, rassicurando il pubblico in sala e tutte noi, che ci siamo messe a ordinare compulsivamente magliette con il volto della Ginsburg – nota come “RBG” e per il suo slogan “I dissent” – violando il tabù delle t-shirt con le scritte. La Ginsburg ha 86 anni, è al suo quarto scontro con un tumore (il primo risale al 1999, sei anni dopo la sua nomina come giudice della Corte Suprema da parte dell’allora presidente Bill Clinton), è diventata un’icona del femminismo occidentale nonché uno dei baluardi contro il trumpismo – baluardo fisico: se la Ginsburg dovesse dimettersi, il presidente americano potrebbe nominare il suo terzo giudice della Corte Suprema, e in questo caso al posto di un(a) liberal. La Ginsburg non può stare male, insomma, e lei è la prima a saperlo e a essere rassicurante, mostrandosi più che può, guardatemi sono viva – oggi è attesa in Arkansas: gli organizzatori hanno dovuto cambiare il luogo del suo incontro perché sono arrivate migliaia di richieste di partecipazione – e arricchendo il suo repertorio di aneddoti e sorrisi.

 

In “Alla corte di Ruth – RGB”, documentario del 2018 uscito nelle sale italiane quest’estate, c’è già buona parte del materiale utile per innamorarsi della Ginsburg, la sua determinazione, le sue battaglie, il suo matrimonio – iniziato con un appuntamento al buio, durato più di sessant’anni: suo marito Martin è morto nel 2010 – e la sua capacità di trasformare discussioni tecniche e complicate in vita quotidiana, la nostra. “Amo il mio lavoro”, ha detto sabato la Ginsburg, indicando la passione per la propria professione come la cura più efficace alle sue tante malattie: invece che pensare al dolore e ai malanni, ho studiato i documenti della Corte, ha spiegato, ed è stata questa passione che le ha permesso, in ventisei anni, di saltare soltanto due settimane di sessioni della Corte, lo scorso gennaio.

 

Tutta la storia della Ginsburg è scandita da una forza mostruosa – oltre al documentario si può leggere anche la biografia scritta da Jane Sherron De Hart dopo quindici anni di ricerche, “Ruth Bader Ginsburg – A Life” – che quando era ragazzina veniva presa per aggressività, ma anche da una dedizione e da una delicatezza che in questa stagione di morsi e rinfacci la rendono ancora più indispensabile. Ci sono le battaglie per l’uguaglianza di genere – a dicembre esce un altro documentario, “On the Basis of Sex” su questo tema – e poi c’è questa donna piccina che mentre ripete a tutti che sta benissimo dispensa consigli sulla vita familiare e sui matrimoni felici. Suo marito Marty cucinava bene e sapeva trattare con la figlia Jane meglio di quanto facesse la madre, ma ancora oggi la Ginsburg dice che è l’equilibrio a fare la differenza nei rapporti di potere come nell’amore. Destreggiandosi tra machismo e metoo, sintesi esatta della polarizzazione straziante del rapporto tra uomo e donna, la Ginsburg risponde alle domande sull’amore e sul matrimonio con la stessa naturalezza con cui ricorda che le leggi sulla parità dei sessi esistono già, ci vuole la volontà di applicarle. Persino Jennifer Lopez ha voluto approfittare dei consigli della Ginsburg: l’attrice le ha presentato il suo nuovo fidanzato e le ha chiesto di rilevarle il segreto dei matrimoni felici. La Ginsburg ha recuperato il consiglio che le aveva dato sua suocera quando, appena laureata, decise di sposare Marty: “A volte è utile essere un pochino sordi”. Certi dolori passano così, non sentendoli, per gli altri ci sono la determinazione e i principi, e uno scialle per coprire la propria fragilità.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi