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Le regole di Londra per la cittadinanza e il test che non supereremo mai

Paola Peduzzi

Con quel caratteraccio, ti scordi il passaporto: ogni anno aumentano quelli rifiutati per questa motivazione

Se non hai un buon carattere non puoi avere la cittadinanza inglese: ogni anno aumentano i passaporti rifiutati per questa motivazione, che è stata introdotta nel 2012 e si chiama proprio così, buon carattere. Il Regno Unito ha i suoi problemi con i passaporti, tra sfrontate aziende francesi che si offrono di produrli e gli inglesi che vorrebbero piangere al pensiero che i mangia-rane ruberanno tutto, business, rilevanza, ironia, e quel guaio un po’ più grande, che ha a che fare con i tetti all’immigrazione. Indiscrezioni e colpi non proprio sopra la cintola sul dossier immigrazione hanno determinato le dimissioni del ministro dell’Interno, l’ormai ex Amber Rudd, che ha fatto da scudo alla premier Theresa May e che ora potrebbe decidere di vendicarsi (sulla Brexit, grande calderone in cui ognuno può rovesciare un po’ della sua rabbia, soprattutto personale). All’Home Office c’è un nuovo inquilino, Sajid Javid, che ha fama di liberale tosto e che, comunque andrà il suo mandato, ha già un merito: sua moglie. Figlio di un immigrato pachistano che guidava l’autobus, Javid incarna il sogno britannico, e non hai mai perso, neppure ora che è un ministro di sua Maestà, l’emozione e la meraviglia di chi ce l’ha fatta. Dopo la sua prima vittoria elettorale era tornato a casa dalla moglie e le aveva detto: “Avresti mai immaginato anche nei tuoi sogni più sfrenati che sarei entrato nel Parlamento britannico?”. Laura, che conosce il marito da quando avevano 18 anni (si sono sposati nel 1997, hanno quattro figli) e che deve avere imparato a gestire gli amori lunghi, gli aveva risposto geniale: “Tesoro, nei miei sogni più sfrenati tu non ci sei proprio”.

 

Il compito di Javid, dicevamo, è complesso: l’obiettivo è di portare l’immigrazione netta sotto le 100 mila persone l’anno, e non sapendo ancora come si gestiranno i rapporti con i cittadini europei, intanto il governo di Londra ha investito sulla prevenzione: ottenere un passaporto inglese è diventato molto difficile. Dal 2012 a oggi, il numero di passaporti concessi è passato da 194.370 a 123.229, e tra costi più elevati e regole più rigide sui famigliari, compare la clausola del buon carattere. Che cosa vuol dire, per il ministero dell’Interno, avere un buon carattere? L’Economist se l’è chiesto ed è andato un po’ a curiosare, scoprendo che le intemperanze non consentite a un futuro cittadino inglese sono in aumento. Un immigrato dal Botswana che ha anche fatto il soldato nell’esercito del Regno non ha ottenuto il passaporto perché aveva preso una multa per eccesso di velocità (ha fatto appello e ha vinto) mentre a molti giovani viene rifiutato il passaporto per crimini minori commessi dai loro genitori – il buon carattere, o l’assenza di, dev’essere ereditario. La definizione del caratteraccio è “straordinariamente ampia”: comprende il vizio di bere e quello di giocare d’azzardo, ma anche promiscuità, divorzi, e “l’eccentricità, incluse credenze, apparenze e modo di vivere”. Se l’ispirazione di questi criteri può essere ritrovata nella sobrietà (sulla sovrastimata sobrietà britannica ognuno di noi ha un aneddoto da riportare, ma è anche plausibile che un paese in affanno voglia mettere come standard le proprie ambizioni, non soltanto il peggio di sé), le regole sono diventate via via più rigorose, così nel buon carattere rientra anche la capacità di contenersi – se continui a essere eccentrico, scordati il passaporto – e il fatto di essere “noti” nelle proprie comunità per comportamenti bizzarri. I funzionari interpellati hanno detto che la motivazione della “notorietà” non è stata quasi mai utilizzata, ma intanto il cattivo carattere è stato dato come motivazione del rifiuto del documento il 44 per cento delle volte nel 2016 (cinquemila e cinquecento passaporti non concessi).

 

Ogni volta che ci capita di leggere i test che molti governi hanno introdotto per selezionare l’accesso dei migranti – domande di cultura generale – ci viene da pensare: non lo passerei mai, questo esame. Figurarsi se il caratteraccio diventa decisivo: apolidi tutti, e per sempre, e non ti permettere di chiedermi perché.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi