Vincino in una scatola di matite, alla sua ultima festa

Maurizio Crippa

Abbiamo accompagnato Vincino nel Tempietto egizio del Verano per salutarlo tra i ricordi, i sorrisi e le lacrime 

Non ero mai stato a una festa con Vincino, e neanche a un funerale laico, a dire la verità. A dire la verità mi è piaciuto, insomma un po’, se capite il senso in cui si può dire piaciuto. Ora, capirete anche il senso con cui ho scritto “festa”, non è un lapsus, anche se i pensieri alla rovescia erano la sua delizia. Festa è una parola che ho sentito dire, se non sbaglio, oggi mentre eravamo lì attorno a quella lunga scatola di matite che progressivamente si colorava di segni come una vera scatola di matite e in cui invece c’era dentro Vincino. O forse non l’ho sentita, la parola, ma era nell’aria, e a un certo punto una voce femminile ha detto grazie che mi avete invitata. Invitata, come a una festa appunto. Ieri abbiamo accompagnato e salutato Vincino nel Tempietto egizio del Verano, e non c’eravamo soltanto noi del Foglio, ovviamente, soprattutto c’era la sua famiglia, che anche a non conoscerla la si intuiva splendida, e si capiva che però non è una cosa che “si è disegnata” lui. Gli è accaduta intorno, che bello. Nel rito informale di questo addio senza rito, funziona che chiunque vuole dice il suo ricordo, versa il suo sorriso o la sua lacrima. A partire dalle sue figlie. E la differenza tra un funerale e una festa, o per meglio dire quel che tiene insieme il funerale e quel po’ di festa che si può fare quando si dice addio, l’ho capita quando una delle sue figlie ha raccontato di quella volta che disegnò un cazzone nell’ascensore dell’ospedale, ma lo firmò Vauro, e poi si divertiva a fare lo scandalizzato con le signore che si scandalizzavano. Satira dal vivo. Vincino.

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  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"