Giovane, curioso e in aumento: il pubblico dei cinema d'essai a Milano raccontato dagli esercenti

Francesco Cocco

Viaggio in tre cinema di nicchia del capoluogo lombardo. Per loro una sfida impegnativa: far quadrare i conti senza che a rimetterci siano qualità e diversificazione dei titoli. Ma anche segnali positivi: come una platea di spettatori che, a parte la parentesi negativa del covid, è andata crescendo negli anni

Far quadrare i conti senza snaturarsi: è la scommessa dei cinema d’essai milanesi, dopo aver superato il trauma del Covid e le restrizioni degli anni successivi.

Abbiamo sentito i gestori di tre sale di nicchia: il Cinema Beltrade, oggi gestito (insieme ad altre due sale) dalla società Barz And Hippo; l’Arlecchino, che dal 2022 è uno dei cinema gestiti dall’archivio storico Cineteca Milano; il Cinemino.

 

Prima di tutto: chi compone oggi il pubblico di queste sale? Monica Naldi, socia di Barz and Hippo ed esercente del Cinema Beltrade, ci risponde che gli spettatori sono mediamente piuttosto giovani. “Abbiamo molti under 26. Sono spettatori curiosi, appassionati… Alcuni sono dei veri cinefili, ma non necessariamente, perché la nostra programmazione è molto varia e ampia”. La stessa domanda, riguardo stavolta al Cinema Arlecchino, la poniamo a Matteo Pavesi, direttore generale della Cineteca Milano. “Il nostro spettatore ideale - è la sua analisi - è giovane, conosce le lingue, ed è curioso del cinema internazionale”. Non è un frequentatore magari assiduo, prosegue Pavesi, “ma arriva in modo puntuale quando l’offerta gli interessa”. 

 

“Il pubblico del Cinemino è molto variegato e va molto in base alle fasce orarie e alla rassegna  proposta”, ci racconta Icaro Campaniello, socio del Cinemino. Le fasce orarie pomeridiane, prosegue, sono un po’ più popolate da anziani, persone in pensione, freelance, studenti, mentre la sera “il pubblico è molto mescolato, però ci sono molti giovani e studenti”. Molto cambia in base alla proiezione e alla rassegna proposta: quella dei classici raduna un pubblico assai giovane; e questo, osserva Campaniello è un dato interessante, visto che lo spettatore medio dei cinema ha un’età piuttosto alta. I giovani sono attratti, insomma, dai classici, da quei film di cui hanno sempre sentito parlare.

 

Veniamo a quello che, nella vulgata comune, è un tasto dolente: il numero di persone che va al cinema. E qui, invece, i segnali che giungono da queste tre sale d’essai sono incoraggianti. Dal 2012 in poi gli spettatori del Beltrade sono aumentati, ci assicura Naldi. “Abbiamo subito conquistato un piccolo pubblico che si è subito molto affezionato e che poi man mano ha fatto passaparola ed è cresciuto negli anni in maniera anche molto superiore alle aspettative”.

 

“Siamo molto soddisfatti di come è l’andamento del nostro pubblico”, ci confida Agata De Laurentiis, fondatrice del Cinemino. Il Covid è stata “una botta per tutti”, ma poi, ci assicura, una volta riaperto, si è ripartiti subito “quasi al 100%, tenendo conto delle restrizioni del periodo”; e nel 2025 il pubblico è aumentato all’incirca del 20% rispetto all’anno precedente.

Più che positivo anche il dato che ci fornisce Pavesi: “Nell’ultimo anno, in questa sala registriamo un aumento del 30% di presenze”.

 

Segnali incoraggianti, dicevamo: eppure portare avanti un cinema d’essai resta una scommessa impegnativa. Ai nostri intervistati chiediamo dunque quale sia oggi la sfida economica principale per una sala come la loro. “La sfida principale è andare in pareggio - sorride Pavesi -, non guadagnare”, visto anche l’investimento che l’Arlecchino fa nella costruzione di un palinsesto ricco di circa seicento titoli all’anno. “Riuscire ad arrivare a pareggiare i conti di affitto, noleggio e sottotitoli è un grandissimo risultato”. Spostiamoci al Cinemino. Nel sentire la nostra domanda, Campaniello e De Laurentiis si guardano. La sfida principale? “...Sopravvivere?”, fa Icaro. E Agata: “Sì. Sopravvivere, rimanere in piedi e soprattutto rinnovarsi continuamente. Quello che per noi è fondamentale è ascoltare quello che ci arriva dal pubblico”. In questo aiuta avere un rapporto stretto con gli spettatori, essere lì ad accoglierli. E poi non rimanere passivi.

 

Chiudiamo con Naldi. I cinema d’essai, e più in generale quelli che mirano a una programmazione di qualità, ci spiega, “puntano a una pluralità culturale, a una diversificazione, e questo non è sempre semplice, perché ad esempio certi film meno conosciuti, magari molto belli ma che non hanno grande promozione, sono difficili da proporre, perché economicamente tendono a rendere poco”. Epperò al Beltrade, continua Naldi, si cerca sempre un equilibrio, un bilanciamento, fra il film che incassa di più e quello che incassa di meno. L’importante è “non voler fare l’incasso sempre a tutti i costi”, perché altrimenti a rimetterci sono la qualità e la diversificazione. Ed è quello che un cinema d’essai non può permettersi.

Di più su questi argomenti: