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il film
Un po' di Stephen King e un po' di Stranger Things ne “La valle dei sorrisi” di Paolo Strippoli
Un insegnante tormentato arriva in un paesino isolato, dove ogni gesto sembra custodire un segreto. In questo mondo, l’orrore si insinua lentamente nella realtà, trasformando una relazione ambigua e salvifica in un percorso di rinascita e perdizione
Dall’alto: un’automobile come una formica intrappolata in un labirinto, o in un flipper, percorre una strada tutta curve. Poco dopo: la strada. Un cartello di legno preso di sbieco e un po’ dal basso: “Benvenuti a Remis – La Valle dei Sorrisi” e due cuoricini. Poco prima: una giovane madre tenta di imboccare suo figlio piccolo, biondo e riccioluto, sul seggiolone. “Aeroplanino. Apri apri apri”. Il bimbo non vuole. La mamma insiste. Il bimbo piange. La mamma insiste. Aeroplanino. No no no, il bimbo si mette le mani sulla bocca, sulla faccia, piange. Aeroplanino. Su. La mamma di colpo si blocca. Si alza. Si mette carponi e gattona verso la finestra. Paolo Strippoli, qui alla sua terza regia dopo “Piove” e “A Classic Horror Story”, porta l’horror “La valle dei sorrisi”, scritto insieme a Jacopo Del Giudice e Milo Tissone, alla mostra del cinema di Venezia. Tra i protagonisti, Michele Riondino e Giulio Feltri, un uomo e un ragazzo, uno che ha perso tutto, l’altro che ha poco da perdere perché non ha mai avuto niente, uno esiliato in una valle straziata da un disastro ferroviario di molti anni prima, l’altro che è come narcotizzato. Nel fervore dei suoi quindici anni, non ha mai conosciuto la vita.
Un professore di educazione fisica, Sergio Rossetti (Riondino), arriva a Remis, remota “Valle dei sorrisi”, in seguito a qualcosa che deve averlo distrutto, perché quando lo incontriamo piange. Infatti è molto arrabbiato. Tratta male i suoi alunni e la sera, ubriaco, se la prende con una giovane locandiera. Per poco non le distrugge il locale. Intanto un suo alunno, Matteo (Feltri), è esonerato da educazione fisica. Il corpo minuto, una scoloritura nelle ciglia, le sopracciglia e i capelli, Matteo è un ragazzo da Stephen King, o da Stranger Things, serie tv tra l’horror e il fantasy. Stephen King e Stranger Things: il re delle storie di amici adolescenti e la serie tv sulle amicizie adolescenti. Invece Matteo di amici non ne ha. Dopo la scuola rimane a casa, con un padre burbero e una madre molto malata: la donna che abbiamo visto gattonare verso la finestra anni prima, un anno dopo il disastro ferroviario. Poi, la sera, Matteo viene vestito da chierichetto, messo in una chiesa, e la gente fa la fila per avere da lui qualcosa che solo lui ha, e che se le prime volte è un’assoluzione, poi diventa qualcosa di cui hai necessità, senza la quale stai male, troppo male… In quella chiesa, dopo la piazzata nel bar, viene portato Sergio dalla giovane locandiera.
“L’ombra dello scorpione” di King parla anche di una donna, una specie di santa, capace di sollevare dal male ma non senza uno scotto. “Shining”, il film di Kubrick – non il libro di King – comincia con una macchina che si arrampica su una strada tutta curve (la musica de “La valle dei sorrisi” è classica; quella di “Shining” spettrale). L’immagine più iconica di “Twin Peaks” è un cartello preso di sbieco, sulla strada, dal basso, che recita “Welcome to Twin Peaks” e due cime montuose. C’è un corto della fantasmagorica serie anni Sessanta creata da Rod Serling, “The Twilight Zone”, che si chiama “It’s a good life”: un bambino con poteri santi e demoniaci tiene in scacco in un intero paesino. E c’è il terzo segmento del film “The Twilight Zone”, prodotto da Steven Spielberg e John Landis, in cui un bambino viene salvato da una donna che lo riporta a casa. Ma quando arrivano a casa, la donna scopre che il bambino...
Un horror è un mezzo potentissimo per raccontare la realtà. L’orrore del reale. Ne “La Valle dei Sorrisi” ognuno può trovare quello che sente, quello che il film dice solo a lui: Strippoli e i suoi sanno bene come raccontare. Un adolescente quasi ucciso dagli adulti – pauroso, triste e bellissimo Giulio Feltri nella sua prima prova – viene portato alla vita da un altro adulto, estraneo. L’uomo lo fa nascere. E nascere vuol dire uscire dall’abulia della placenta e venire scaraventati nella tempesta della vita. Poi, il professore lo fa crescere. E crescere vuol dire provare gioia, eccitazione sessuale, innamoramento, passione, ma anche odio, frustrazione, rabbia, dolore. “Faccio stare bene le persone”, dice Matteo al prof. “No”, dice il prof, “sei solo una spugna che assorbe il loro dolore”. “Che poi, tutto questo dolore che fine fa?”. “Guarda come sei innamorato”. “Io sono innamorato? Tu sei innamorato”. C’è anche una scena splendida alla Walking Dead. C’è un’atmosfera sensuale. Che poi, tutto questo amore, tutto questo amore che è il demone de “La valle dei sorrisi”, il demone di ognuno, tutto questo amore: che fine fa?