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Il nuovo libro

La miccia di Woody Allen: il regista al primo romanzo. E viva i comici

Mariarosa Mancuso

Il libro racconta le angosce, le ossessioni e le invidie del protagonista, uno scrittore ipocondriaco, con il vizio di parlare a se stesso e timoroso della morte. È in tutto e per tutto un uomo del Novecento, alle passeggiate serali con la pila preferisce le luci di Broadway

Dialogo tra uno scrittore il suo editore. Lo scrittore, triste per gli affanni della specie umana, vorrebbe “migliorare il destino dei suoi simili, o almeno alleviarne i dolori”. L’editore ha un brivido di orrore: “Non è il suo compito. Il suo compito primo e fondamentale è intrattenere. Se ha cose di valore da dire, sappia che il messaggio tedioso è la morte dell’arte”. Lo scrittore non si dà per vinto: “Ma io voglio cambiare la vita di chi legge”. L’editore perde la pazienza: “Annoiando il lettore con un libro per cui ha appena speso 26 dollari aumenta soltanto le sue sofferenze”. “Perfino Kafka e Dostoevskij avevano il senso dell’umorismo”, insiste l’editore, che ormai vorrebbe cacciare, perlomeno dal catalogo, lo scrittore convinto di poter cambiare con il suo romanzo se non le sofferenze di Giobbe almeno le nostre miserie quotidiane. Per fortuna ci sono i comici: abbiamo letto lo scambio di battute nel primo romanzo di Woody Allen “Che succede a Baum?” (editore La Nave di Teseo). Tutto è tragicamente vero – o verosimile, magari per l’occasione si sfoderano eufemismi e giri di frase. Giudichiamo dalle conseguenze: decine e centinaia e migliaia di titoli riempiono i cataloghi italiani, senza un vero perché. Danno collaterale, ma non meno grave: chiunque per avventura li legga, si convince: “Potrei farlo anch’io”. E lo fa. Poi per forza devono entrare in scena i comici, a ripulire.

 

Asher Baum, protagonista del primo romanzo di Woody Allen – scrittore prima che regista, con le sue battute a 18 anni guadagnava più del padre –  ha compiuto da poco 50 anni, in buona salute se non consideriamo l’ipocondria e il vizio di parlare a se stesso (vizio? adattando la celebre battuta sulla masturbazione “è discutere con qualcuno che stimi”). Teme la morte, secondo il poeta Auden reso famoso da “Quattro matrimoni e un funerale”: “il rombo di un tuono lontano durante un picnic”. Baum fa lo scrittore e vive in campagna con la moglie Connie – una delle concessioni fatte per amore, lui odia le zecche e i ragni, l’edera velenosa, il rumore dei grilli e delle cicale. Ai paesaggi di Constable preferisce le librerie, i negozi di dischi, le sale cinematografiche. E’ in tutto e per tutto un uomo del Novecento, alle passeggiate serali con la pila preferisce le luci di Broadway – e poi, chi si fida delle stelle? Gas incandescente, pezzi di roccia che volano senza meta.

 

La consorte – che somiglia alla “regina cattiva di Biancaneve, un po’ stronza ma sexy” – ha dal precedente matrimonio un figlio di nome Thane. Viziato, e romanziere di successo già al primo libro – impresa mai riuscita al genitore adottivo. Una troupe televisiva sta arrivando per intervistarlo. Baum viene pregato di risparmiare battute feroci, o incomprensibili ai più come quelle su Giocasta, la madre di Edipo. Lui continua a parlare con se stesso, delirando di letteratura: “Ci sono troppe cose dentro di me. Sono profondo. E’ male per un autore? Dillo ai grandi scrittori russi”. La miccia è accesa, sarà un fine settimana turbolento. Classe 1935, Woody Allen è sempre bravo.

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