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Il ricordo

Adriana Asti e una voce di stoffa pregiata

Giuliano Ferrara

Una miniatura di ferro della bellezza, con due occhi unici al mondo e un sorriso di un’amabilità maliziosa, mai invadente. Un ricordo dell'attrice

Cara Adriana, era difficile dirti “ti voglio bene”, che consideravi una frase stucchevole, non eri tipo da smancerie verbali, avevi due occhi unici al mondo che parlavano per te, un sorriso di un’amabilità maliziosa, mai invadente, un caratteraccio temperato dall’affettazione artistica del buonumore, una voce di stoffa pregiata mai invecchiata anche tra i Novanta e i Cento anni, non ti si poteva nemmeno consolare per la morte, la malattia e la vecchiaia, non ti lamentavi mai, consideravi lamentevole il lamentarsi, a Natale con Selma ti chiedemmo perché non ti sfogavi e andavi sempre come un treno anche nel dolore, nel fastidio, nelle inconvenienze, ci dicesti semplicemente: non mi viene, e passammo oltre, eri uno splendido esempio di cattiva ragazza, bad girl, avevi divorato il tuo immenso talento che ti ha inquietato e gratificato per tanti anni, tenevi fede tu miscredente a Giorgio e si vedeva, per quanto muta al suo ricordo, Giorgio il tuo compagno e marito che ti incontrò nel 1970 quando arrivasti a piazza del Popolo a prendere il bus della Orlando Theatrical Company dove mi ero imbucato, piena di bauli, da vera diva del teatro più grande, a raggiungere la compagnia teatrale dell’Orlando furioso per una straordinaria gita di lavoro a New York, nella Bubble di Bryant Park, e già a Madrid, sosta aerea, eravate allacciati per non districarvi mai più, per amarvi e aiutarvi e stimarvi senza vanità, sempre con la risorsa dello spirito, una coppia chiusa di pochi amici e poca compagnia, elegante senza snobismo, legata a grandi maestri, a belle esperienze di vita e di lavoro scenico, due meravigliosi egoisti, lui giovane e bello, tu una miniatura di ferro della bellezza, impavidi dovunque a Roma a Milano a Parigi dove avete consumato insieme una quantità di illusioni e delusioni, sempre alla ricerca dello strano, del diverso, dell’eccentrico e sempre devoti anche a una morale di vita di una scorrettezza tenue, non esibita, capace di umorismo e autoironia, che coppia e che donna incapace di lacrime dopo la perdita, fedele a un protocollo tedesco impartitole nell’infanzia, mi avete lasciato una cosa di natura che si chiama appunto Röselein, da Goethe e da Schubert, la cagna dei sogni, alla quale hai dato il nome (Sah in Knab’ ein Röselein steh’n/ Röselein auf der Heiden), e che cosa assurda e tenera un’eredità naturale da una donna che sull’artificio, supremo esercizio dell’arte, ha costruito la sua essenza prima ancora della sua esistenza, e ora che sei morta perché per la prima volta nella notte ti sei lasciata andare posso dirti impunemente che ti ho voluto bene, che ti abbiamo voluto bene. 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.