
Ansa
Popcorn
Tra le kefiah, a Cannes si riesce pure a vedere qualche film
Bravissima Léa Drucker nel one woman show “Dossier 137”. E in “Dalloway” di Yann Gozlan c’è un’AI tutta per sé. Dal red carpet ai “film di mezzanotte”
Altro che Elio Germano. L’anno scorso Bella Hadid passeggiava a Cannes con un vestitino scollato e svolazzante cucito con le kefiah. Rosso, tagliato a sottoveste, in tinta con le ciabattine a tacco alto. Una dichiarazione politica, scrissero i giornali, certo non lo aveva scelto al buio infilando le mani nell’armadio. Quest’anno i proclami sono più numerosi e sempre univoci, senza neanche lo stilista a cui dare la colpa. Bandiere palestinesi. Film palestinesi. I bambini di Gaza. Le fotografie di Gaza. Abbiamo l’antidoto. Detto scegliendo con cura la parola. Non si spiega perché persone fino all’altro giorno disinteressate ai destini del mondo in generale, e del medio oriente in particolare, abbiano calorosamente abbracciato la causa sbagliata.
Quest’estate al cinema uscirà “Guns & Moses”: un rabbino che prende la pistola e fa fuori i cattivi che minacciano la sua comunità. Lo ha diretto Salvador Litvak, cileno-americano che sui social si definisce “Accidental Talmudist”, saggezza per tutti. Se qualche distributore lo comprasse e distribuisse potremmo vederlo anche noi. L’alternativa per il rabbino con la pistola sono le piattaforme. Torniamo a Cannes. In concorso è arrivato “Dossier 137” di Dominik Moll, regista e sceneggiatore tedesco con studi di cinema a New York e ora un passaporto francese. A Cannes aveva avuto il suo grande momento nel 2000, con “Harry, un amico vero” – era stato anche il grande momento dell’attore catalano Sergi López: “l’amico vero” del titolo, prima invadente e poi decisamente pericoloso. Lo spettatore si chiede se davvero è stato compagno di scuola della sua vittima, oppure fin dall’inizio ha mentito per trarne vantaggio. Una sottotrama tra scrittori non fa onore alla categoria.
Poi Dominik Moll si era un po’ perso. Per esempio con “Storie di spiriti amanti”, assai sconclusionato. Ha ripreso la bravura e la grinta con “La notte del 12”: una ragazza ammazzata a Grenoble, bidone di benzina e fiammifero. “Dossier 137” è un “one woman show”, ambientato quasi tutto tra le forze di polizia. I poliziotti che erano stati mandati in piazza per placare le rivolte dei gilet gialli, nel 2018. La poliziotta dell’Igpn, Ispettorato Generale della Polizia Nazionale – ovvero “la polizia delle polizie”, che indaga sul comportamento degli agenti. Léa Drucker, bravissima in un ruolo che concede poco, indaga sul ferimento di un diciottenne colpito dall’arma di un poliziotto. A sparare, secondo i calcoli balistici, sono stati in due. Entrambi in divisa. L’ispettrice interroga, trova un video girato da una camera d’albergo che lascia pochi dubbi sulla violenza degli agenti. Scopre che la famiglia del ragazzo ferito, andato alla manifestazione una domenica con la madre e la fidanzata – non era mai stato neanche a vedere la Tour Eiffel – abita vicino a casa sua, in periferia. Dominik Moll usa i filmati originali degli scontri, attento alle differenze di classe. A chi è rimasto e a chi pur di scappare via fa “un mestiere che tutti odiano”.
Tra i “film di mezzanotte” – leggi: titoli che non hanno trovato posto in altre sezioni – abbiamo visto “Dalloway” di Yann Gozlan. Passano gli anni e i decenni, ora nei film c’è l’intelligenza artificiale, qui come personaggio. Porta con sé un Grande Riassunto dei copioni e dei saggi sul tema “donne & Virginia Woolf”. La “stanza tutta per sé” ha funzionato al contrario. Chi aveva cose da dire scriveva anche su un tavolino pieghevole. Ora che una stanza ce l’hanno tutte, ora tutte scrivono sentendosi Virginia (senza cognome, “tra noi sensibili”).
Clarissa, romanziera in crisi, abita in una residenza per scrittori alle porte di Parigi (dove hanno copiato malamente il Bosco Verticale). Ha anche un’AI tutta per sé, che si chiama – o è stata lei a battezzarla? – Dalloway. C’è in giro qualche pestilenza, la mattina deve misurarsi la febbre, ma di uscire non se ne parla. Già indovinato? L’AI diventa sempre più invadente. Imita la voce della scrittrice. Fruga nel suo passato. E scriverà un libro, certo che sì. Qualcuno di molto maligno, naturale o artificiale, ha congegnato il sistema di prenotazione dei biglietti (obbligatoria per tutti gli accreditati). Va fatta con quattro giorni d’anticipo, scatta alle sette del mattino. Alle sette e cinque tutto risulta già completo. Dice l’ufficio competente di riprovare più tardi, durante il giorno. Qualche biglietto poi si trova. Non sempre per il film che volevi vedere.