
Ansa
Cannes '25
“Partir un jour”, il film karaoke di Amélie Bonnin che fa cantare Cannes
La regista ha aperto ieri il Festival francese con una pellicola tratta dal suo cortometraggio. Vanta nella colonna sonora le canzonette di tre generazioni, che accompagnano umori e sentimenti dei protagonisti. E alimentano la nostalgia
"Ho 40 anni, qualche capello bianco e la sensazione che tutto stia iniziando ora”. Era la dichiarazione, molto femminile per via del capello bianco – mai un maschio francese a quell’età avrebbe sottolineato la propria condizione di debuttante stempiato – resa da Amélie Bonnin alla cerimonia dei César 2023. Era stata premiata per il cortometraggio musicale “Partir un jour”. Film-karaoke, scrive brutalmente Libération – o forse in Francia guardano con più rispetto ai divertimenti popolari. Vanta nella colonna sonora le canzonette di tre generazioni.
Potremmo dire: “On connaît la chanson”. “Sempre la stessa musica”, con riferimento al film diretto nel 1997 da Alain Resnais, scritto dai bravissimi Agnès Jaoui e Jean-Pierre Bacri. Funzionava allo stesso modo: canzoni molto note accompagnavano umori e sentimenti dei protagonisti – ma 30 anni fa il pubblico non cantava in coro.
Il film che Amélie Bonnin ha tratto dal suo cortometraggio – stesso titolo “Partir un jour” – ha aperto ieri sera il Festival di Cannes. “La giovane regista non ha ancora una pagina internet”, faceva notare il direttore del festival, Thierry Frémaux, qualche giorno fa. Potrebbe voler dire che per la generazione di Bonnin, nata nel 1985, la pagina di Wikipedia non è tanto importante (un giovanotto ci sta lavorando proprio ora, cerca un’illustrazione adatta). Tanto più che esiste, ed è piuttosto ricco e variato, il sito ameliebonnin.fr. Oltre al cortometraggio vincitore del César, c’è un podcast, il progetto Radio Live (che vuole portare ai microfoni le voci della nuova generazione). C’è la direzione artistica della rivista La Déferlante, trimestrale dedicato alle rivoluzioni femministe (plurale) che si annuncia con poche e precise parole: “non liberateci, facciamo da sole” (Amélie Bonnin ha frequentato la scuola d’arti grafiche, e girato documentari).
Parole lungimiranti. Qualsiasi cosa una ragazza abbia fatto prima, aprire il Festival di Cannes con il film di debutto è impresa notevolissima. Dicono che fosse in competizione con l’ultimo film dove Tom Cruise, perlopiù appeso al davanzale di un grattacielo, o lanciandosi da una pista di salto con gli sci, però in motocicletta, salva il mondo. “Mission Impossible: The Final Reckoning”, che sarebbe da tradurre “la resa dei conti”. Ma per regolamento (recente) il film che apre Cannes deve subito essere disponibile nelle sale francesi, per il pubblico voglioso di vedere subito il film di cui si parla. Non sarebbe neppure sbagliato, ma è marketing e niente altro, gli esercenti vogliono la loro parte. Anni fa, i film di Cannes – più ostici, va detto – uscivano mesi dopo e chi era interessato all’articolo attendeva con pazienza.
“Partir un jour”, secondo Libération, va inteso come “pur beurre nostalgique”: il ritorno al paese e le canzoni da cantare lungo il tragitto. Gli attori sono gli stessi del cortometraggio, la cantante Juliette Armanet e Bastien Bouillon. L’attore era in “La guerra è dichiarata” di Valérie Donzelli, fa di cognome Bouillon come il padre, regista teatrale, è pronipote di Joséphine Baker. Rispetto al cortometraggio, cambiano i mestieri e le parti in commedia. Lui è garagista e campione di motocross (menzione speciale per le ciocche bionde che gli escono dal casco). Lei inizia facendo la commessa al supermercato, poi vince “Top Chef” – “téléréalité culinarie”, un programma simile a “Masterchef”. Fino all’infarto del genitore, che gestisce un ristorante per camionisti dell’est della Francia: “Un posto di passaggio gestito da gente che non si nuove mai”. Bisogna tornare a casa. Ritrovare gli affetti. Adattare le ricette di vita e di cucina.