Sean Baker al Festival di Cannes - foto via Getty Images

Cannes 2024

Al Festival di Cannes la biopic di Ėduard Limonov. E dopo otto giorni, ecco una commedia

Mariarosa Mancuso

"Limonov" parte con parecchia musica e scene veloci e racconta la vita di Ėduard Limonov, scrittore e politico russo. E dopo una serie di film in decomposizione ecco che arriva "Anora" di Sean Baker, una pellicola divertente

Prima del “Limonov” di Emmanuel Carrère, capitava di trovare in libreria e poi sulle bancarelle un volumetto dal titolo così scorretto che a citarlo ora non sembra vero. Era il 1985, quando Frassinelli pubblicò “Il poeta russo preferisce i grandi negri”. Traduzione liberissima e acchiappa-lettori di “Io, Eddie”: la vita bohémienne di Eduard Limonov negli anni 70. Fu pubblicato per la prima volta nel 1980 a Parigi, rifugio per tanti scrittori perseguitati. Ma Limonov, nato nel 1943 in una cittadina ucraina dove visse i sui anni da teppista, non lo era abbastanza. Portava rancore verso i dissidenti più famosi di lui, da Solgenitsin a Brodskij a Sacharov. Con qualche ragione: quando chiede al governo sovietico “mandatemi in esilio”, gli rispondono “non sei abbastanza famoso”.
 

Dopo il micidiale e nebbioso – nel senso della fotografia e della noia, “La moglie di Ciaikovskij” – il regista Kirill Serebrennikov racconta per episodi la vita di Eduard Limonov, che poi sfrutta la dissidenza per diventare una pop star. Anche grazie a Emmanuel Carrère, che qui fa una breve apparizione nella parte di sé stesso. Un giovanotto “contro”, sempre e comunque. Smanioso di stare al centro dell’attenzione, difendendo cause giuste e cause che giuste non erano, negli anni più recenti soprattutto (è morto nel 2020). In cameretta aveva i poster di Lenin e dei Sex Pistols, a New York dormiva sotto i ponti. Corteggiava la figlia di un miliardario che non era mai in casa – in realtà era la domestica.
 

“Limonov” parte con parecchia musica e scene veloci. Ben Winshaw si accolla l’ingombrante personaggio, Il regista taglia corto sugli anni più recenti: il sostegno a Milosevic e ai serbo-bosniaci, il carcere come terrorista. È difficile immaginare chi lo andrà a vedere, i biopic funzionano quando il personaggio è conosciuto.
 

All’ottavo giorno di festival – scrive Libération “che pesano come ottanta, e ci si riduce a far colazione con un sacchetto di patatine” – finalmente una commedia. Da non credere, finora erano corpi smembrati, in decomposizione, massacrati, trasformati in mostri da chi scherza con il siero dell’eterna giovinezza. Anche qui ci sono i russi: oligarchi con villa e figliolo nullafacente negli Stati Uniti (era prima delle sanzioni). “Anora” di Sean Baker mostra corpi giovani e scattanti, quasi sempre nudi. Al massimo o una catenina o una giarrettiera perché il cliente ci infili i biglietti da 50 o 100 dollari. La ventenne protagonista – Anora detta “Ani”, l’attrice si chiama Mikey Madison – lavora in un locale di pole dance, che nei separé diventa lap dance e nelle stanzette vip quel che il cliente desidera e paga in anticipo. Alla domanda “la tua famiglia sa che sei qui? lei ribatte: “E la tua, lo sa?” Sean Baker è un magnifico regista che non sbaglia un film. Se avete visto “Un sogno chiamato Florida” sapete di cosa è capace, purtroppo non sembra essere disponibile in streaming – contro le piattaforme che non hanno mai niente, stavolta inveire tocca a voi.
 

Le viene affidato un giovane cliente russo, e scoppia l’amore. Lei sa qualche parola per via della nonna, e dopo un sostanzioso anticipo di luna di miele – negli intervalli lui gioca con la playstation – decidono di sposarsi a Las Vegas. La famiglia del giovanotto scatena l’inferno. E i suoi scagnozzi armeni. Lui scappa, lei rimane prigioniera. La Cenerentola per un giorno è più intelligente dei carcerieri, li sorprende con calci e pugni (poi le legano i polsi con il filo del telefono, e lei morde). Ora però bisogna annullare il matrimonio. Con la forza, i 10 mila dollari di buonuscita sono sdegnosamente rifiutati.

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