Le parole di Werner Herzog
Leggere a voce alta le sceneggiature del regista, con quell’inglese spigoloso, con forte accento tedesco, che ci prepara alla visione di “Herzog incontra Gorbaciov”
Lo scorso dicembre, uno spacciatore di articoli-che-a-leggerli-si-fa-tardi-e-vengono-le-occhiaie (all’opposto di certe pagine culturali che guariscono le insonnie più ribelli) faceva circolare un estratto da “Nosferatu - Il principe della notte”, come l’aveva scritto Werner Herzog. Non una sceneggiatura canonicamente impaginata, quelle che cominciano con “Interno, giorno”, poi vanno a capo e fanno venire un brivido da camera e cucina: “Oddio, non usciranno mai da qui, speriamo che almeno parlino”. Una sceneggiatura in prosa, con le indicazioni di regia e anche qualche dialogo, ma niente virgolette e niente “a capo”. Ovviamente era “Esterno, notte”. O meglio, nelle parole di Herzog: “A gloomy moon shines on the silhouette of a gloomy castle”.
L’abbiamo lasciato in inglese perché il pusher di roba buona – che andate a pensare, è un sito che si chiama Lit Hub – suggeriva di leggere il testo ad alta voce, imitando la cadenza di Werner Herzog. Quell’inglese spigoloso, con forte accento tedesco, che fa da valore aggiunto ai suoi documentari, anche su temi che di per sé non ci appassionano. Lo spazio profondo, per esempio. O i grizzly che in mancanza di cibo si pappano un esploratore. O le grotte Chauvet, nell’Ardèche, dove sono conservati i più antichi dipinti dell’umanità, risalenti a 32.000 anni fa. Solo Werner il Grande – invecchiato benissimo a differenza di Wim Wenders – poteva scovare lì un antenato, alla lontanissima, del cinema: un bisonte con più zampe del necessario, per dare l’illusione del movimento.
Se la voce del regista non l’avete mai sentita – male, molto male, non è che preferite anche la noia di Wim Wenders su copione di Peter Handke, tipo “I bei giorni di Aranjuez”? – “Herzog incontra Gorbaciov” fa da corso di recupero (nelle sale da domenica 19 gennaio). Comincia con una scena strepitosa, tra intervistatore e intervistato. Sono seduti uno di fronte all’altro, scatta il ciak (bello forte, per sincronizzare suono e immagine). “Un rumore così mi avrebbe fatto paura da piccolo”, dice Gorbaciov. Herzog ricorda i 25 milioni di morti russi nella Seconda guerra mondiale, calcola l’età di Gorbaciov e gli dice, con l’accento che hanno i nazisti nei film americani: “Probabilmente il primo tedesco che ha visto nella vita voleva ucciderla”. Gorbaciov nega: “Avevo vicini tedeschi che quando ero piccolo mi davano il pan di zenzero, chi fa dolci così buoni non può essere cattivo”.
Herzog ha il sospetto che l’aneddoto sia stato inventato per pura cortesia, a uso e consumo dell’intervistatore. Poi riflette sul fatto che Gorbaciov gli pare un uomo dannatamente sincero. Con la faccia di un bambino. L’unico capo del Partito comunista sovietico – dice un testimone – che quando visitava l’Ungheria non pretendeva cinque o sei completi, eleganti o sportivi. Incredibile a dirsi, neanche beveva.
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