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W il gastronazionalismo

La medaglia dell'Unesco alla cucina nostrana sia un monito per chi si nutre di sushi e kebab

Camillo Langone

La designazione della cucina italiana a patrimonio dell’umanità è un brodo ricco che non va sprecato. Non si dica che è un diploma astratto: concretissimo può diventare, se ci si crede davvero

Giù le mani dal patrimonio! Non le posso sentire le critiche alla celebrazione della cucina italiana in ambito Unesco, con la scusa che è poca cosa, che non basta. Ma certo che non basta! Nulla di ciò che è umano è bastevole! E però tutto fa brodo e la designazione della cucina italiana a patrimonio dell’umanità è un brodo ricco che non va sprecato. Non mi si dica che è un diploma astratto: concretissimo può diventare, se ci si crede davvero. Ecco un esempio: la proposta della piddina Eleonora Evi, non a caso milanese, non a caso già grillina e già verde (insomma tre o quattro volte lontana da un sano rapporto con la natura), di mettere al bando la carne di cavallo.

Fino a ieri poteva sembrare un problema un po’ troppo filosofico, un caso noioso di attacco all’antropocentrismo (attacchi a dir la verità mossi in passato anche da destra, siccome ogni partito ha tra le sue file la sua signora ippofila). Oggi invece la proposta di cancellazione della carne equina dal ricettario si mostra immediatamente come problema nazionale, come questione politica. Se la cucina italiana è un patrimonio, chi pretende di cancellare ricette come la veronese Pastissada de caval, il parmigiano Pesto di cavallo, la barese Brasciola di cavallo è un ladro di identità, un disfattista, un nemico della patria. Che si merita di mangiare tofu e kebab tutta la vita, e l’ostracismo.

 

              

 

Il mio amico e antagonista Alberto Grandi, professore marxista e mantovano, autore di libri dal fulgido nichilismo quali “La cucina italiana non esiste”, dice che l’intera faccenda “si presta a strumentalizzazioni, perché la politica cavalca questo orgoglio gastronazionalista”. Certo, la politica cavalca, ma qual è la proposta, qual è l’alternativa? Sputare nella ribollita per fare un dispetto a Lollobrigida? Questo è il masochistico livello… Io ovviamente sono per insistere, per accentuare. La designazione a patrimonio Unesco è una medaglia e le medaglie vanno rimeritate ogni giorno, altrimenti si arrugginiscono, altrimenti prendono polvere. E’ il vecchio ma sempreverde detto secondo il quale non bisogna sedersi sugli allori. E allora, tanto per cominciare, al patrimonio non si accosti la dissipazione: a pizza e maccheroni non si abbinino squallide cervogie e chardonnay cosmopoliti bensì Lambrusco, Gragnano, Asprinio, Schiava, Cerasuolo… Di tutti i settori e sottosettori dell’universo gastronomico, quello del vino è il più massacrato dall’esterofilia. Si festeggi l’anno nuovo col moscato anziché con lo champagne, e crescerà il patrimonio: se non dell’umanità, dell’italianità.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).