San Gennà, pienzace tu

L'omaggio di Google alla pizza che fa inorridire i pizzaioli napoletani

Calabresa, muzzarella, hawaiiana. Più che onorare l'impasto protetto dall'Unesco, il doodle di oggi sponsorizza una macedonia globalista

Francesco Gottardi

Per carità: a cavallo rialàto nun se guarda ‘mmòcca e quindi tante grazie del pensiero. Però se quello di Google voleva essere un omaggio alla Campania e all’arte della pizza, il risultato è più simile al cringe natalizio quando si scarta un regalo poco gradito di un lontano parente. L’antefatto è la celebrazione del “Neapolitan pizzaiuolo”, che il 6 dicembre di quattro anni fa veniva inserito dall’Unesco nella lista rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell’umanità, per tutelare “il know-how culinario locale che dall’impasto alla ritualità della pietanza nobilita una tradizione quasi millenaria”. Così, il motore di ricerca oggi ha deciso di dedicare il doodle alla pizza. In homepage c’è una bella margherita classica. E fin qui tutto bene. Poi però si sfoglia il resto del menu: calabresa, muzzarella, hawaiiana e altri stupri alimentari che farebbero incendiare i forni di tutta Spaccanapoli, da Michele ai fratelli Sorbillo.

Niente pomodoro San Marzano, nessuna traccia di friarielli, attentato multiplo alla mozzarella – che dalla seconda pizza in poi viene liquidata in un generico quanto inquietante "formaggio". L’attenuante – o l’aggravante, dipende da come la si vede – è che Google non ha spazzato via i capisaldi della cucina napoletana per pura superficialità. C’è un preciso filo conduttore dietro ciò che all’apparenza sembra la brutta copia del menu di Domino’s pizza, e si capisce leggendo le ricette allegate alle varie immagini. Nel viaggio gastronomico si parte dalla variante “pepperoni”, immancabile in qualsiasi diner degli States, passando per la linguiça calabresa, insaccato tipico del Brasile, fino alla Magyaros “che fa sognare gli amanti della carne in Ungheria”. Senza tralasciare pollo e teriyaki, la pizza tom yam in “omaggio alla tradizionale zuppa thailandese” e la classica paneer tikka all’indiana. Tutto il mondo è paese, insomma. 

A tre quarti del doodle probabilmente è passata la fame e della bella Napoli resta solo uno sbiadito ricordo. Con un pizzico di ironia: grazie a un big tech come Google, la causa no global non poteva trovare pubblicità più micidiale.

La sorpresa finale arriva con il dessert. “Corre voce”, si legge sull’ultimo pannello del doodle, “che la pizza dolce potrebbe strappare il primato attualmente detenuto dalle pizze salate. Può contare sugli ingredienti più variegati: formaggi dolci, cioccolatini, frutta, e altro ancora!”. San Gennà, facc ’o miracol.

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