Foto di Kike Salazar N via Unsplash 

La mixology non è solo spritz. L'economia del vino miscelato

Luciana Rota

Al Vinitaly Special edition trova spazio il mondo dei cocktail, che si sposa e si abbina a quello enogastronomico. I numeri di un mercato in crescita

La novità della edizione speciale di Vinitaly si chiama Mixology, lanciata in un salone del vino molto tecnico e per operatori del settore, occasione per 400 aziende espositrici, 100 relatori internazionali e 1.500 addetti ai lavori e manager. Mixology è il settore dei cocktail che si miscela con l’enologia. Una novità che avvicina due mondi, quello del vino e quello dei cocktail che a loro volta si sposano (e si abbinano) al mondo enogastronomico.

Un ingrediente, più ingredienti. Funziona. La mixology è una tendenza? Forse. È di moda? Anche. Di sicuro, si fa apprezzare e produce economia. Anche a furia di spritz ma non solo. Perché mixology è più di uno spritz. È arte e tecnica. Non conta solo cosa metti e mischi nel calice o nel bicchiere, magari con tanto ghiaccio, conta come lo fai, cosa scegli, come abbini e completi, conta tutto il contesto, persino il modo di servirtelo, quel cocktail, ha un suo valore.

 

La mixology è quasi un movimento del beverage che sta conquistando anche il mondo del cibo del cibo. L’uno non esclude l’altro, anzi si integrano. E lo fa nei bar di tendenza, nelle degusterie e nei migliori ristoranti del mondo. È una cosa buona da provare grazie a barman e bartender. Ma soprattutto è una risorsa economica. Ed è anche un’energia che crea professioni e professionalità. Del made in Italy. È un mondo nuovo che capisci bene quando incontri Marco Cason, ideatore dell’area Mixology di Vinitaly 2021, che ti accoglie con un cocktail dietro al banco e ti promette candidamente: “Vedrai che questo mondo conquisterà anche il Vinitaly prossimo, perché l’esperimento di quest’anno è già riuscito. Con le masterclass, con un’area bar, con una proposta innovativa in un mondo molto attento alle novità anche se fortemente tradizionalista”.

Il Vinitaly, quello vero, che tornerà il 2022, ad aprile, sarà il prossimo passo, per l’affermazione piena della Mixology. Bisognerà pazientare qualche mese, per un settore che parla inglese ma in realtà è molto italiano: “All’estero non abbiamo rivali – spiega Andrea Cason – i bartenders d’Italia sono più che mai l’élite dell’ospitalità. Se entriamo in un locale all’estero e ci colpisce un cocktail è di sicuro servito da un personaggio di sala o da un bartender italiano. Siamo una community molto appassionata che punta alla qualità e alla formazione e adesso le grandi marche, le grandi aziende del beverage ci considerano al punto da creare investimenti”.

 

Sono brand che puntano su noi per rafforzare il messaggio e viceversa: Martini, Meregalli, Sake, Sanpellegrino, per fare qualche nome. “E poi Grana Padano, - spiega Cason – che ha capito al volo come la mixology sia strettamente collegata al mondo del food. Cosa che hanno interpretato i più grandi chef del mondo e ci fa piacere che non ne possano più fare a meno”.

Se il cocktail entra nel menù del ristorante, perché la mixology non deve entrare nei grandi eventi del vino? Lo aveva fatto a Wine Expo a Parigi, ultimo grande evento internazionale del mondo del vino, nel 2019, prima della pandemia. Lo ha fatto Vinitaly Special Edition in questi giorni: “È un mondo che crea opportunità professionali, baristi barman, bartender, ed è un mondo che comunica in modo empatico con tutti o target", dice Cason. Impossibile resistere. A Vinitaly ha già funzionato: “Ha funzionato perché non vogliamo andare contro la tradizione del vino, anzi. Vogliamo far parlare il prodotto di qualità, che sia vino che sia spirits, a noi interessa elevare la qualità di quel che si beve. Lo facciamo come Bartenders Group Italia e come Academy con la formazione di 600/700 bartenders all’anno, lo facciamo nel nostro locale – il Romeo – in pieno centro storico a Verona, con 30.000 (solo nel 2021 e quindi in pochi mesi di quest’anno) fra cocktail puri e aperitivi vari. E lo facciamo quando organizziamo corsi (8 corsi l’anno) o collaboriamo con i docenti di Alma e dell’Università del Gusto di Vicenza”.

Andrea Cason, socio fondatore con Marco Cosenza di Bartenders Group Italia, una società di giovani nata 16 anni fa, veronese al cento per cento, si è presa a cuore l’impresa possibile di portare il mondo mixology dentro al mondo del vino e al Vinitaly. Una rivoluzione per un mondo fortemente tradizionalista come questo e molto colpito dal Covid-19. Una forza per l’energia di questo movimento che è una interessante realtà produttiva, di tendenza, messa ko dalla pandemia insieme al suo principale canale Horeca (la ristorazione e i bar).

“La nuova socialità associata anche alla Mixology sta dando un impulso positivo ai consumi di spirits in Italia, un trend destinato a proseguire anche nei prossimi mesi", hanno dichiarato Denis Pantini, responsabile agroalimentare ed Emanuele Di Faustino, project manager, entrambi di Nomisma, in occasione della presentazione dell’Osservatorio Spirits per Federvini.

 

Secondo il report di Nomisma, se il trend calcolato dal 2010 al 2020 registrava performance di consumo degli spirits positive quasi ovunque nel mondo, in America (addirittura +30,8%), in Canada (+20,5%), in UK (+ 16,4%), in Cina (+7,8%) e in Svizzera (+2,8%), la pandemia ha arrestato gli scambi commerciali fra Paesi, con evidenti ripercussioni anche sull’export italiano di settore, che ha segnato un -14,2% in valore tra 2019 e 2020.

Il report spiega come a soffrire sono anche gli altri esportatori mondiali dal Regno Unito, che segna un calo nel medesimo periodo del 22,0%, alla Francia, le cui esportazioni si sono contratte del 18,6%, passando per gli USA (-6,8%) e la Germania (-30,1%). Quanto ai mercati di importazione, solo il Canada ha aumentato i propri acquisti di superalcolici (+3% rispetto al 2019) all’interno di uno scenario che ha visto gli scambi internazionali di settore ridursi nel complesso del 12%.

 Il Covid-19 ha però avuto anche un “effetto positivo” per il nostro export di liquori, riducendo il gap nei confronti della Germania, principale competitor dei prodotti made in Italy oggi distanti appena 4 milioni di euro (contro i 100 milioni di euro che li separavano nel 2019), ha detto Denis Pantini. La ripartenza è questa marcia in più che si gioca il mondo Mixology, servito in un mixer con il vino e con la ristorazione. È già risultato. Vinitaly e i bartenders lo hanno capito da un po’.

Di più su questi argomenti: