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Il riso italiano arriva sino a Taiwan

Luciana Rota

Nel nostro paese vengono prodotte un milione di tonnellate da 190 varietà diverse. Il 60 per cento di questa produzione è destinato al consumo interno, il restante ha ampliato i mercati: qualità del prodotto e alta ristorazione le chiavi di questo successo

Il riso in Italia abbonda, soprattutto quello di qualità, quello che crea economia. E i produttori italiani che hanno deciso di puntare su questa eccellenza lo stanno promuovendo anche all’estero. Persino a Taiwan. È l’effetto made in Italy di un prodotto che ha forte identità in una parte del nostro paese e che si propone come un mercato neanche troppo di nicchia che fa bene a tutto un sistema. Anche quello turistico. 

La chiave di valorizzare un prodotto agroalimentare di eccellenza, con tanto di storia e certificazioni, cavalca il made in Italy e rilancia anche un piatto italiano: il risotto. Come dire: vado dal sarto se voglio un risotto come si deve. Scelgo la seta migliore (riso prodotto base) e la affido agli stilisti del riso (gli chef migliori al mondo) per puntare all’alta cucina.

È anche un racconto e una storia di uomini del nostro paese che sa come vendere il suo riso persino a Taiwan. I produttori italiani di riso di qualità destinato all’alta ristorazione sono orgogliosi di questo nuovo fronte turistico-commerciale. 

Stiamo parlando di un milione di tonnellate di riso prodotto in Italia, da 190 varietà diverse: soprattutto Carnaroli, Arborio, Vialone Nano (prima Igp), Roma, Baldo e Santandrea. Fa lavorare 3.700 aziende concentrate per lo più nella Pianura Padana, da Verona fino a Vercelli (ma anche piccole produzioni in Sardegna, Toscana, Calabria e Sicilia). Per un totale di 85mila ettari, il 26 per cento nel Basso Pavese (fonte Ente Nazionale Risi). Il 60 per cento di questa produzione risicola è destinato al consumo interno con una nuova apertura sul mercato internazionale, non solo europeo. Fra i paesi nuovi: Francia ed Est, con la Turchia considerata il miglior cliente del momento. Ma da qualche anno si va anche sul mercato asiatico. 

Tanto che un produttore pavese, Andrea Bianchi, una storia risicola importante a Spessa Po, ci racconta che oggi il suo mercato estero è solo Taiwan: “Il 12 per cento della mia produzione va lì, noi abbiamo in totale quasi 200 ettari e 60 destinati al riso Carnaroli. Vendere bene il nostro riso di qualità a Taiwan non è una battuta per fare sorridere – dice – è piuttosto un orgoglio e fa capire come sia possibile perseguire una strada della qualità destinata all’alta ristorazione italiana. Eccellenze”.

I risotti hanno superato i confini italiani, sono diventati conosciuti in tutto il mondo anche grazie ai grandi chef.

Non tutto il riso è uguale e il segreto è anche nella filiera: “È raccolto selezionando i lotti migliori dalla produzione di ogni singolo campo - continua Bianchi - Ora abbiamo deciso di spingerci oltre, cercando l’eccellenza dei chicchi. Una strada iniziata quando il mio bisnonno Giovanni acquistò con un Marengo d’oro un campo di 7 ettari, situato nel comune di Corteolona (in provincia di Pavia)”.  Che finirà in un piatto di risotto doc. 

È salva la tradizione e c’è anche una visione lunga perché all’alta ristorazione si ispirano poi tutti, in cucina: “Tutti siamo più esigenti ai fornelli dopo che abbiamo imparato a mangiare bene - come racconta Stefano Calvi nel suo “saggio” omaggio al Re Risotto che si intitola “Risotto Una storia, una tradizione, un piatto padano”. Un piatto che ha fatto la storia della gastronomia padana, come lo definisce Gianni Brera nella Pacciada del 1973”.

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