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Trumpiani ortodossi

I preti di Putin invocano libertà religiosa al Congresso e i Maga s'indignano con il cattivo Zelensky

Matteo Matzuzzi

Per il governo di Kyiv, la Chiesa ucraina legata a Kirill sfruttava i propri sacerdoti per condizionare l’opinione pubblica sull’andamento del conflitto e sulle sue ragioni. Dopo la messa al bando, i religiosi ortodossi d’obbedienza moscovita non fanno che recarsi all’estero per manifestare il proprio sdegno. Trovando terreno fertile anche a Washington

Non è un caso che nei piani per porre fine alla guerra in Ucraina che piacciono a Putin ci sia sempre la richiesta che alla Chiesa ortodossa (quella d’obbedienza moscovita, ça va sans dire) sia garantita totale libertà d’azione. Nel 2024, il Parlamento di Kyiv mise al bando la Chiesa ucraina legata al Patriarcato di Mosca e guidata dal metropolita Onufrij. Non si trattava di una ripicca: secondo il governo ucraino, la Chiesa era di fatto un braccio armato del Cremlino, che sfruttava i propri sacerdoti e la propria rete capillare di parrocchie diffuse su tutto il territorio per diffondere notizie al di là delle linee nemiche e per condizionare l’opinione pubblica sull’andamento del conflitto e sulle sue ragioni. Si arrivò al punto di entrare nel Monastero delle Grotte di Kyiv, luogo sacro e simbolico, considerato la culla del monachesimo ortodosso. Il sospetto era che lì albergassero spie e traditori e in effetti nelle celle furono trovati passaporti russi, materiale di propaganda antiucraina e perfino icone rubate.

Il problema è che la Chiesa ucraina legata a Kirill è quella che gode di maggiore seguito tra i fedeli, nonostante la scissione della Chiesa ortodossa “di stato”, riconosciuta da Costantinopoli. Contro la legge che metteva al bando la Chiesa legata a Mosca intervenne perfino il Papa, nell’agosto del 2024, con un inusuale appello lanciato al termine di un Angelus domenicale. Disse Francesco: “Pensando alle norme di legge adottate di recente in Ucraina, mi sorge un timore per la libertà di chi prega, perché chi prega veramente prega sempre per tutti. Non si commette il male perché si prega. Se qualcuno commette un male contro il suo popolo, sarà colpevole per questo, ma non può avere commesso il male perché ha pregato. E allora si lasci pregare chi vuole pregare in quella che considera la sua Chiesa. Per favore, non sia abolita direttamente o indirettamente nessuna Chiesa cristiana. Le Chiese non si toccano!”. Furono parole inusuali non solo perché il Pontefice di Roma entrava in questioni prettamente inerenti all’ortodossia cristiana (e quindi delicatissime sul piano ecumenico), ma anche perché Bergoglio si smarcava dall’amico fraterno Bartolomeo I, che invece s’era schierato apertamente contro Onufrij e la sua Chiesa.

L’effetto fu quello di far stappare bottiglie di vodka a Mosca – dove infatti la presa di posizione di Francesco fu subito salutata con sincero apprezzamento – e di incrinare ulteriormente il già complicato rapporto con i cattolici ucraini. In ogni caso, il provvedimento adottato dal Parlamento di Kyiv i suoi effetti li ha dati, al punto che da tempo religiosi ortodossi d’obbedienza moscovita si recano all’estero manifestando in favore della libertà religiosa che Zelensky negherebbe loro. E tali teorie hanno trovato terreno fertile al Congresso americano, dove diversi esponenti Maga hanno pubblicamente manifestato contro i soprusi delle autorità ucraine, invocando “libertà” per la Chiesa ortodossa guidata da Kirill. L’ultima a esprimersi sdegnata è stata la rappresentante della Florida Anna Paulina Luna, repubblicana tendenza Trump che s’è detta indignata da quanto accade ai poveri religiosi perseguitati. Quel che la giovane deputata non dice, però, è che i messi della Chiesa ortodossa di Onufrij non ammettono neppure l’esistenza di una guerra ai confini dell’Europa orientale: come Putin, parlano al massimo di “operazione speciale”, non ammettono la distruzione di città e villaggi, negano ogni episodio di tortura o detenzione illegale da parte delle forze russe. Naturalmente, negano di essere spie o di fare propaganda in favore del Cremlino. Lacrime artificiali che hanno trovato cuori compassionevoli negli adepti di Mar-a-Lago. Non che vi fossero troppi dubbi. 

 

 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.