il documento vaticano

Maria corredentrice? "Sconveniente"

Di tutti gli ottanta punti che compongono la Nota dottrinale, resterà negli annali per un unico paragrafo, il n. 22, dove si afferma che il titolo di corredentrice attribuito a Maria “è inappropriato” e “rischia di oscurare l'unica mediazione salvifica di Cristo e, pertanto, può generare confusione e squilibrio nell'armonia delle verità della fede cristiana”

Matteo Matzuzzi

Presentata la Nota "Mater Populi fidelis" che suggerisce di non usare il termine "corredentrice" per la Vergine Maria. Ratzinger sarebbe stato d'accordo

La domanda principale che viene da porsi dopo aver letto le ventuno pagine della Nota dottrinale Mater Populi fidelis su “alcuni titoli mariani riferiti alla cooperazione di Maria all’opera della salvezza”, è perché Leone, agli albori del pontificato, sia andato a confermare un documento – in gestazione da un trentennio – che invece dell’unità tanto auspicata e predicata provocherà inevitabilmente (già rombano i motori su social e siti “devozionali”) polemiche e proteste, petizioni, pianti e qualche stridore di denti. Perché la Nota, annunciata già all’inizio dell’anno dal cardinale prefetto Víctor Manuel Fernández e poi rimasta nel cassetto a causa della morte di Papa Francesco, di tutti gli ottanta punti che la compongono resterà negli annali per un unico paragrafo, il n. 22, dove si afferma che il titolo di corredentrice attribuito a Maria “è inappropriato” e “rischia di oscurare l’unica mediazione salvifica di Cristo e, pertanto, può generare confusione e squilibrio nell’armonia delle verità della fede cristiana”. Insomma, “quando un’espressione richiede numerose e continue spiegazioni, per evitare che si allontani dal significato corretto, non serve alla fede del Popolo di Dio e diventa sconveniente”. 

 

La questione di Maria correndentrice, e cioè partecipante all’opera redentrice di Cristo, non è certo nuova: se ne parla dal Quindicesimo secolo, con un approfondimento teologico avvenuto poi nel Novecento. La nota, approvata da Leone XIV lo scorso 7 ottobre, ricorda che alcuni Papi hanno impiegato questo titolo, però “senza soffermarsi a spiegarlo” e “il Concilio Vaticano II evitò di impiegare il titolo di corredentrice per ragioni dogmatiche, pastorali ed ecumeniche”. E’ vero però che il più “mariano” dei Pontefici del Novecento, Giovanni Paolo II, quel termine lo usò, almeno sette volte, ma – scrive Fernández – “collegandolo soprattutto al valore salvifico del nostro dolore offerto insieme a quello di Cristo, a cui si unisce Maria soprattutto sotto la Croce”. E se Papa Francesco ha mostrato una posizione “chiaramente contraria” in almeno tre circostanze – “Non ha mai voluto prendere per sé qualcosa di suo Figlio. Non si è mai presentata come co-redentrice. No, discepola”, disse ad esempio nel 2019 – la motivazione per il No che dovrebbe risultare più forte e tacitare l’ala che da più tempo invocava l’attribuzione anche dogmatica del titolo di corredentrice è quella del cardinale Joseph Ratzinger, che da prefetto della Dottrina della fede, nel 1996 dava parere negativo, spiegando che “il significato preciso dei titoli non è chiaro e la dottrina ivi contenuta non è matura. Una dottrina definita de fide divina appartiene al depositum fidei, cioè alla rivelazione divina veicolata nella Scrittura e nella tradizione apostolica. Ancora non si vede in modo chiaro come la dottrina espressa nei titoli sia presente nella Scrittura e nella tradizione apostolica”. Anche sei anni più tardi, Ratzinger confermò i propri dubbi: “La formula ‘Corredentrice’ si allontana troppo dal linguaggio della Scrittura e della patristica e quindi causa malintesi… Tutto viene da Lui, come affermano soprattutto le Lettere agli Efesini e ai Colossesi. Maria è ciò che è grazie a Lui. Il termine ‘Corredentrice’ ne oscurerebbe l’origine”. 

 

Ma qual è la ragione che ha condotto alla pubblicazione di questo documento? Lo si chiarisce nelle prime righe: innanzitutto, l’ecumenismo: il ruolo di Maria è da sempre motivo di divisione, soprattutto fra cattolici e protestanti. Ma, e lo si sottolinea poco dopo, “esistono alcuni gruppi di riflessione mariana, pubblicazioni, nuove forme di devozione e richieste di dogmi mariani che non presentano le stesse caratteristiche della devozione popolare ma che, in definitiva, propongono un determinato sviluppo dogmatico e si esprimono intensamente attraverso le piattaforme mediatiche, risvegliando, con frequenza, dubbi nei fedeli più semplici. A volte sono reinterpretazioni di espressioni impiegate nel passato con significati diversi. Perciò, il presente documento prende in considerazione tali proposte, per indicare in che senso alcune di esse rispondono a una devozione mariana genuina e ispirata al Vangelo, o in quale senso altre devono essere evitate, perché non favoriscono un’adeguata comprensione dell’armonia del messaggio cristiano nel suo insieme”. Non si tratta, scrive il prefetto Fernández, “di correggere la pietà del popolo fedele di Dio, che riscopre in Maria rifugio, forza, tenerezza e speranza, quanto soprattutto di valorizzarla, riconoscerne la bellezza e promuoverla”. Infine, un annuncio:  “Noi due. Elogio della monogamia”, è il titolo della Nota dottrinale “su matrimonio, comunione esclusiva e appartenenza reciproca” che il dicastero pubblicherà a breve. 

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