Papa Joseph Ratzinger (Ansa) 

quale eredità

Cosa resta di Papa Ratzinger a un anno dalla sua morte

La scomparsa di Benedetto XVI il 31 dicembre del 2022 è la scomparsa di una figura umana e intellettuale universale a cavallo di due secoli, la perdita di una dimensione ecclesiastica unica e di una teologia senza eredi

La morte di Benedetto XVI-Joseph Ratzinger (1927-2022) è stata, oltre che la scomparsa di una figura umana e intellettuale universale a cavallo di due secoli, la perdita di una dimensione ecclesiastica unica e di una teologia senza eredi.

Ratzinger non era un pastore o non lo era in essenza. Sacerdozio e vescovato, compreso il titolo romano di pontefice interrotto dalla Renuntiatio a tredici anni dall’elezione al soglio di Pietro (2005), furono stagioni piene, a loro modo, ma il Papa-teologo e l’avventura dell’ermeneutica postconciliare, intrisa di quella politicità possibile nella casa di Dio o nel popolo di Dio, sono prevalenti nella memoria di ciò che furono l’uomo e la sua storia. Chi sarà poi Papa-teologo, successore di san Giovanni Paolo II, cominciò la sua predicazione pubblica, insieme apostolica e laica, come una indagine antropologica e filosofica e sociologica portando al massimo livello della Chiesa, dalla fine degli anni Sessanta, il suo occhio di critico della modernità relativista e di accademico formatosi nelle Università tedesche e nella discussione e deliberazione conciliare come consulente del cardinale di Colonia Joseph Frings.

Ratzinger nacque al pensiero cattolico in una branca, poi dissidente, della “nuova teologia” di Pierre Teilhard de Chardin, Marie-Dominique Chenu, Yves Congar, Jacques Maritain, Jean Danielou, Henri De Lubac, Hans Urs von Balthasar, Karl Rahner, Hans Küng, Edward Schillebeecks e altri modernizzatori attivi a partire dagli anni Trenta e fioriti, dopo una fase di emarginazione e censura ecclesiastica, nella stagione giovannea e paolina del Vaticano II. Come custode della fede istituzionale voluto da Wojtyla alla Congregazione per la dottrina, Ratzinger, che era agostiniano, mise subito in chiaro che il superamento del neotomismo, ispirato al realismo teologico di san Tommaso d’Aquino, non poteva né doveva significare l’abbandono dei tentativi di composizione e integrazione di fede e ragione, e che le tendenze postconciliari prevalenti nel clero e nell’opinione cattolica mettevano a rischio “modernista”, in una logica di rottura, la continuità della tradizione innovata dai padri del ressourcement, del ritorno alle fonti patristiche ispirato appunto dalla “nouvelle theologie”, condannata dal teologo domenicano Réginald Garrigou-Lagrange e da Pio XII.

Nella forma ratzingeriana di un neoilluminismo cristiano antirelativista, che sboccherà nelle encicliche e nei grandi discorsi del pontificato, l’idea di un diritto cattolico allo spazio pubblico nell’ambito di un dialogo e contraddittorio con i fondamenti di pensiero e di vita della modernità laica scompare con il suo portatore. La Renuntiatio e la creazione della figura ecclesiastica del Papa emerito, innovazioni o atti radicali di governo della Chiesa, più che protocollari, sono un’altra misura, con il dibattito sulla trasmissibilità integrale in vita del munus petrino, utile a considerare un lascito straordinario e di rottura delle consuetudini secolari da parte di un difensore della tradizione cattolica non “tradizionalista” nei campi della liturgia, della pastoralità, della mistica, della storiografia teologicamente ispirata e del pensiero ecclesiologico, etico e filosofico di parte cristiana.

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