Un Sinodo di partito. Intervista alla scrittrice Dorothea Schmidt, membro dell'assemblea

Il percorso sinodale tedesco entra nel vivo, pronto a presentare “al Papa o a un Concilio” le richieste vincolanti

Matteo Matzuzzi

“L’atmosfera è aggressiva, soprattutto nei confronti di chi è  contrario a inventare una Chiesa tutta nuova. Il cammino sinodale va dritto verso uno scisma"

Dorothea Schmidt è una giovane giornalista e scrittrice tedesca e fa parte dell’assemblea sinodale tedesca che ormai da tempo si riunisce periodicamente per preparare i documenti che poi saranno inviati a Roma, sottoposti – come stabilito lo scorso febbraio – “all’attenzione del Papa o di un Concilio”. Sul Sinodo tedesco si sa tutto, si conosce la forza della spinta che vorrebbe cambiare molto, dall’ordinazione delle donne alla morale sessuale, fino alla messa in discussione del celibato sacerdotale.

 

Le chiediamo come vive la sua partecipazione a un’organizzazione che dovrà prendere decisioni così fondamentali. 
“Il cammino sinodale tedesco nasce per contrastare casi di abusi all’interno della Chiesa cattolica. Questo è senza dubbio un motivo valido e un compito necessario. Purtroppo, però, ho dovuto constatare tutta una serie di richieste, espresse anche in modo nascosto nelle clausole, che sono a dir poco preoccupanti: non solo avremmo dovuto far saltare l’insegnamento della Chiesa sulla sessualità, assumere un linguaggio e un pensiero conforme alla teoria del gender, ma anche abolire il sacerdozio – o almeno metterlo in discussione –, istituire sacramenti lgbt e introdurre una struttura di cosiddetti ‘consigli’. L’ordine della creazione dovrà essere sostituito da un’antropologia gender con identità sessuali varie. Il tema da cui si è partiti, cioè la lotta contro gli abusi, viene trattato soltanto superficialmente. In realtà si cerca di stravolgere, dopo più di duemila anni di storia, la dottrina della rivelazione biblica. E, infatti, il cammino sinodale ha dichiarato apertamente che né la Scrittura, né la tradizione possono continuare a essere ritenuta vincolante. Sembra in pratica arrendersi alla mentalità della nostra epoca, anzi, la valuta come uno dei segni dei tempi e afferma che il sensus fidei fidelium non può errare. Non è certamente inteso in questo senso dal Vaticano II! Spesso mi chiedo in che tipo di ambiente sono andata a finire”. 

 

Partiamo dalle basi: com’è composta l’assemblea sinodale?


“L’assemblea sinodale è composta da tutti i membri della Conferenza episcopale tedesca e dal Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK); tutti gli altri partecipanti sono stati convocati secondo criteri molto poco trasparenti; la quasi totalità è stata designata o dal ZdK o da alcuni vescovi. Soprattutto la presenza dello ZdK, le cui radici risalgono al XIX secolo, dà all’assemblea un tono nettamente politico. Vi si trovano, infatti, funzionari di organizzazioni e associazioni di sinistra e liberali, che non sono atti a rappresentare la totalità dei laici tedeschi e, dominando l’assemblea senza essere stati legittimamente eletti, favoriscono un cambiamento sostanziale del Magistero. Una situazione simile si verrebbe a creare – per fare un esempio – se per una votazione tesa a fermare l’impermeabilizzazione dei suoli si chiamassero a votare soltanto imprenditori edili. L’esito della votazione sarebbe certo già prima dello scrutinio dei voti. Purtroppo la minoranza di cui faccio parte anch’io, circa il 20 per cento dei partecipanti, percepisce con dolorosa chiarezza di non essere gradita alla maggioranza, per il rallentamento che causano le nostre obiezioni al processo intrapreso. Eppure non facciamo altro che ripetere ciò che ha detto Papa Francesco, cioè che per una riforma serve la conversione, la preghiera, lo Spirito Santo, il discernimento e l’evangelizzazione. Non ci può essere riforma senza conversione”. 

 

In che senso afferma questo?


“Il cammino sinodale mette ai margini l’ordine della creazione, costruisce una nuova immagine dell’uomo e di Dio, assumendo la mentalità dell’epoca, vuole porre il magistero della Chiesa su un fondamento umanistico e impostarlo secondo la mentalità corrente. Non si parla nel cammino sinodale né di Gesù, né di Maria come persone viventi, né si parla di conversione. A parte qualche piccola preghiera a voce alta ogni tanto, non ci si rivolge a Dio e non si cerca di ascoltarlo. In tre giorni abbiamo celebrato soltanto una santa messa, nonostante fossero presenti tanti preti e vescovi. Eppure, sappiamo già dalla storia, che ogni riforma strutturale nasce da un rinnovamento spirituale dall’interno, nello Spirito Santo, da un’inversione di rotta esistenziale verso Dio. Io almeno non riesco a credere che la Chiesa attirerà nuovi membri e che più persone potranno imparare a conoscere e amare Gesù, se dietro all’altare si trovano donne o se vescovi annunciano il sesso libero per tutti o se si sostituisce la celebrazione dell’eucaristia con una celebrazione della Parola. (Senza conversione ogni riforma è soltanto un plagio commerciale. E’ come voler curare pazienti obesi con  prodotti di pasticceria). Mi chiedo sinceramente: Teniamo ancora gli occhi fissi sul Vangelo?”

 

Spesso si legge di dissidi interni al percorso sinodale, ma il messaggio che passa è quello di una pressoché totale unità di vedute. Che atmosfera si respira davvero nel cammino sinodale?


“L’atmosfera assomiglia per lo più a un congresso di partito. E’ totalmente diverso da quanto io ho sperimentato finora come Chiesa. Conosco una Chiesa con donne e uomini di tutte le età, con laici e chierici, dove tutti insieme lodano, vivono i sacramenti, fanno i catechisti, condividono esperienze, si correggono a vicenda – e gioiscono insieme nel Signore. Per me il cammino sinodale è il perfetto contrario di tutto ciò. E’ un percorso che porta dalla Chiesa cattolica verso una comunità protestante-liberale di burocrati ecclesiastici e accademici. Mi sembra di trovarmi su un palco politico, sempre pronto ad aggiustarsi alle preferenze degli elettori, dove predomina un’atmosfera che va dal teso all’aggressivo, con toni politici aspri, con fischi e proteste e maggioranze programmate. Fino alla terza assemblea sinodale c’erano sempre dei partecipanti che mostravano cartelli rossi o verdi in segno di approvazione o di disapprovazione di contributi al dialogo. Per un vescovo in particolare volavano i cartelli rossi in alto ancor prima che prendesse la parola, ogni volta che aveva chiesto un intervento. Le premesse con cui lavora il cammino sinodale sono in evidente contrasto con tutto ciò che Papa Francesco intende con la parola sinodalità, cioè soprattutto ascoltare, ascoltare, ascoltare lo Spirito di Dio, anziché parlare, parlare, parlare. Ci troviamo ad avere uno stile di dibattito davvero bizzarro. Ciò che mi manca del tutto è il vivere da sorelle e fratelli nel Signore, la preghiera, l’ascolto dello Spirito di Dio, un discernimento comunitario, un dialogo che sia veramente degno di essere chiamato tale. Lì c’è soltanto un non-dialogo e un gruppo che   di corsa se ne va lontano da Roma”. 

 

Quali sono le questioni che suscitano più tensioni?

 
“Non ogni cambiamento è una riforma. Circa l’80-90 per cento dei partecipanti al Cammino Sinodale vuole modificare le strutture, dare al magistero della Chiesa un fondamento umanistico e adeguarlo alla mentalità predominante. Per la maggioranza dei membri la rivelazione divina nella Scrittura e nella tradizione non è vincolante per sempre. Ora si pretende persino il permesso di riscrivere e modificare il Catechismo. Soltanto il 10-20 per cento vede nella riforma un rinnovamento spirituale. Un altro aspetto è la prospettiva sull’ordine della creazione di Dio e sull’etica dell’amore umano. La maggioranza si inchina dinanzi all’ideologia del gender e reputa la creazione divina dell’uomo e della donna una mera interpretazione condizionata storicamente. Il binarismo di genere è liquefatto al punto tale da ritenere praticamente irrilevante chi era Gesù e chi lo rappresenta; cioè  non importa se l’alter Cristo davanti all’altare è un uomo, una donna, un uomo nato femmina o una donna nata maschio. La quasi totalità dei partecipanti vuole rovesciare completamente la dottrina morale della Chiesa. Un altro punto cruciale è il sacerdozio ministeriale. Non si tratta semplicemente della questione dell’ordinazione delle donne, ma ci si chiede se il ministero presbiterale è ancora necessario e se i vescovi devono essere eletti dal popolo; e cosa succede se il popolo si è allontanato da Dio? Quali vescovi saranno poi eletti? Si tende a confondere potere e autorità, sacerdozio comune e ministeriale. Un’altra questione fondamentale è senza dubbio l’idea di libertà. La maggioranza equipara la libertà alla massima ‘autonomia’ possibile, mentre la minoranza sottolinea che la libertà non è una ‘scelta’, ma significa praticare le virtù per abitudine morale. Libertà come arbitrarietà è schiavitù. In conclusione, possiamo dire che il cammino sinodale non segue le orme di Gesù, ma pretende che sia il Signore a seguire le orme dei sinodali”.

 

Tra i temi che stanno a cuore a Papa Francesco c’è anche la nuova evangelizzazione alla quale dovrebbe essere riservato un ruolo centrale nel processo sinodale e anche nella Chiesa in generale. Quali iniziative ha preso l’assemblea sinodale sinora in questo senso?  

 
“Purtroppo la presidenza del cammino sinodale ha respinto tutte le richieste del Santo Padre di inserire la nuova evangelizzazione tra gli accenti fondamentali del processo sinodale. Neanche l’esortazione dei vescovi ha portato frutto. Moltissimi partecipanti hanno inteso le linee-guida che aveva dato il Santo Padre per orientare il cammino sinodale come incoraggiamento a continuare nella direzione intrapresa, cioè di cambiare la Chiesa radicalmente e di assimilarla alle chiese protestanti. A loro dire, proprio questi cambiamenti costituirebbero la nuova evangelizzazione”. 

 

Come missione speciale, Papa Francesco invita ad andare ai margini, verso le periferie esistenziali. Come vede compiuta questa missione nel cammino sinodale?

 
“Il cammino sinodale è una faccenda per  accademici. Per ogni tema ci attendono montagne di documenti di lettura difficile, in cui in sostanza ogni paragrafo solleva un’obiezione o una correzione. Mi sento come in un corso di teologia di un’università pubblica. Di un movimento verso gli emarginati non si può certo parlare. Siamo ben lungi da rinunce di preti e vescovi ai privilegi per dare testimonianza reale di vita evangelica. E tanti osservatori esterni non riescono minimamente a comprendere le decisioni che prende il cammino sinodale. Avvertono la confusione causata da un’inversione di rotta di 180 gradi che scardina tutto ciò che hanno imparato lungo la loro vita, tutto ciò che la Chiesa ha insegnato per più di duemila anni. La stampa comunque ritiene che il cammino sinodale sia l’unica via d’uscita dalla crisi della Chiesa. Eppure sappiamo che anche oggi solo Cristo è la via, la verità e la vita”. 


In che cosa consiste, secondo lei, il ruolo dei vescovi, dei consacrati, dei preti e dei diaconi?

“Spesso mi sono chiesta come sia possibile che dei vescovi, che durante la loro consacrazione hanno solennemente promesso di insegnare e custodire fedelmente il Magistero della Chiesa, arrivino a tradire questo insegnamento, pensando di riscriverlo con facilità. Eppure sta accadendo proprio questo, anche se le decisioni del cammino sinodale non hanno alcuna legittimità dal punto di vista del diritto canonico. Né aspettano il via libera del Papa per mettere in atto le risoluzioni, ma stanno già attuando quanto deciso. Entro giugno intendono modificare il diritto del lavoro ecclesiastico. Per me sarebbe auspicabile una tregua, per dire: ‘Fermi tutti! Dobbiamo ritirarci in isolamento. Dobbiamo pregare, lasciarci indicare da Dio le vie da prendere e pregarlo di donarci l’unità nello Spirito Santo’. E invece la maggior parte dei vescovi è caduta come tessere del domino, cercando di giustificare e di legittimare i peccati degli uomini, uno stile di vita contro la Chiesa, con argomentazioni umanistico-teologiche, ispirate alla mentalità corrente. Direi che stanno già seguendo un Vangelo-placebo”. 
  

E in merito all’accusa mossa al cammino sinodale di strumentalizzare gli abusi?


“La presidenza del cammino sinodale e molti partecipanti fanno riferimento allo studio MHG commissionato dalla Conferenza episcopale tedesca. Purtroppo, questo studio presenta contraddizioni e numerose difficoltà metodiche. Lo studio MHG si è meritato aspre critiche per esempio dallo psichiatra e teologo Manfred Lütz. Secondo lui, lo studio MHG poggia su una base di dati troppo scarsa e i presunti risultati non sono comprovati. Lütz critica lo studio come poco scientifico, in gran parte. Inoltre, mancherebbe una discussione scientifico-critica dei risultati, invece di argomentazioni non comprovate, dichiarazioni poco o affatto rappresentative e quindi difficilmente utilizzabili. Tuttavia, gli architetti sinodali fanno riferimento a questo studio per far passare richieste come l’abolizione della dottrina sessuale della Chiesa. Qui prendono la parola anche alcune vittime di abusi, per testimoniare quanto avrebbero desiderato che i loro carnefici fossero rimasti fedeli all’insegnamento della Chiesa. Non si può accusare la dottrina della Chiesa per gli atti orribili che sono stati commessi. Responsabile è sempre l’autore del crimine, spesso a causa di un allontanamento dai precetti di Dio.  Chiunque lo faccia notare viene subito screditato e rimproverato. Spesso si constatano nel dibattito eccessi di emotività e deliberate macchinazioni al fine di montare scandali piccoli e grandi. Ricordiamo il caso dell’arcivescovo di Colonia, Rainer Maria Woelki. Questo cardinale è stato diffamato in tutti i modi possibili e immaginabili dalla stampa e dai social media. Mi sembra proprio che si sta cercando di cacciarlo da ogni ruolo attivo. Ma in realtà nessun altro vescovo è stato coerente come lui nella risoluzione dello scandalo degli abusi nella sua diocesi. Istigazione allo scandalo ed emotività eccessiva offuscano la visione dei fatti e tolgono la base per un dibattito onesto, oggettivo e calmo. Per questo la discussione facilmente manca gli obiettivi fondamentali: mancanza di fede, mancanza di conoscenza necessaria alla fede e mancanza di relazione con Cristo. Quando si parla di abusi nel cammino sinodale, il contesto è quasi sempre per far passare i cambiamenti previsti della Chiesa. L’affermazione di vescovi critici e di alcune vittime che si tratti di un abuso degli abusi, non è affatto la provocazione di una minoranza, ma è semplicemente la verità dei fatti. Se desideriamo mettere in piena luce questo capitolo oscuro, dobbiamo affrontare la verità e procedere con obiettività”.

 

Quali saranno, a suo giudizio, le conseguenze delle decisioni del cammino sinodale?


“In realtà sono presenti due fronti contrapposti, e il fossato che li separa si sta facendo sempre più profondo. L’atmosfera diventa aggressiva, soprattutto nei confronti della nostra minoranza che cerca una posizione di centro ed è contraria a inventare una Chiesa tutta nuova, come se ci fosse solo la Germania. Il cammino sinodale va dritto verso uno scisma. E questo scisma in realtà è già presente, dove singoli vescovi scardinano il diritto ecclesiastico del lavoro, benedicono coppie omosessuali, dove la messa è presieduta da donne. Per questo era soltanto logico che il Papa, come un sasso nel fuoco, dicesse: ‘Per favore, amici, lasciate stare’. Ma tanti partecipanti al cammino sinodale si limitano a brontolare e continuano a fare quanto vogliono, calpestando la Chiesa universale e chiamando estremisti tutti quelli che si battono per l’unità con la Chiesa universale. Sarebbe auspicabile, secondo me, che la congregazione per la Dottrina della fede o il Papa mettessero fine al cammino sinodale. Altrimenti, la divisione della Chiesa sarà inarrestabile. Si sta formando una Chiesa particolare tedesca che si inchina allo spirito del tempo. I vescovi, tuttavia, non devono diventare burattini in mano alla mentalità dell’epoca (e scambiare le loro mitre per berretti da giullare), devono, anzi, conservare l’unità con il Papa e con la Chiesa universale”. 

  
E qual è invece la sua idea di riforma?

“Dobbiamo guardare alle emergenze reali: molti non credono più in un Dio reale, vivo e presente. Ovunque manca la conoscenza necessaria alla fede. Troppi non conoscono neanche le preghiere più comuni e le ricorrenze principali dell’anno liturgico, non hanno idea di chi sia lo Spirito Santo o che cosa faccia. E’ da qui che la Chiesa deve partire. Abbiamo urgente bisogno di una catechesi migliore, di un inserimento più pieno e più vitale nel Corpo di Cristo – in ciò che la Chiesa crede, nel suo modo di vivere, in tutto ciò che spera. Abbiamo bisogno dei sacramenti, di tutti i sacramenti, in modo integrale, affinché le persone siano guariti, nutriti e riconciliati. Abbiamo bisogno di un annuncio del Vangelo pieno di passione, che ci stimoli a intraprendere il cammino della sequela di Gesù. Abbiamo bisogno di una scuola di preghiera, dove imparare a sperimentare realmente la presenza santa e guaritrice di Dio, come un Padre pieno di un amore misericordioso e infinito. Si deve ripetere sempre di nuovo l’esperienza di essere amati, l’esperienza che l’annuncio di Gesù ha una forza trasformante che può far fiorire tutta la nostra vita. Sogno una Chiesa che metta al primo posto il Vangelo, che conduca direttamente verso Gesù, che sappia essere esigente, che risplenda per la gioia di aver scoperto Dio. Essere la Chiesa di Gesù è una sfida, è vero, ma dona una gioia autentica e profonda e un indescrivibile senso di realizzazione. Sogno una Chiesa che non si lasci mettere in bocca dagli altri cosa dire, ma dia testimonianza gioiosa della sua speranza, con un cuore ardente. Non possiamo fare questo se non abbiamo imparato a conoscere e ad amare Cristo, se non ci siamo lasciati infiammare da lui. Strutture, riti e tradizioni non contagiano, non attireranno nessuno alla fede, se manca una relazione vitale e autentica con Gesù Cristo. Hans Urs von Balthasar lo ha espresso in modo mirabile: ‘Essere cristiani vuol dire essere afferrati’. Soltanto quando ci lasciamo afferrare, saremo capaci di ravvivare il fuoco della fede nella nostra terra e di mantenerlo acceso”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.