Papa Francesco (foto LaPresse)

Francesco e il mondo che rimuove il peccato

Giuliano Ferrara

Il problema non è il Papa che annuncia il perdono, ma la società che lo elimina (nell’indifferenza gesuitica).

Caro Magris, scrivi sul Corriere della Sera che il mondo non è un paradiso di bellurie e che la ricezione di quanto stabilito dal Papa in ordine alla misericordia in confessionale per l’aborto è equivoca, perché allude alle aperture della chiesa al mondo divinizzando il secolo come luogo di una verità univoca. Non potrei essere più in accordo con la tua idea.

Una volta a Firenze, davanti a tre affreschi dell’Orcagna in Santa Maria Novella, ebbi una folgorazione. Un paesaggio (a sinistra per chi guarda) rappresenta l’inferno, ed è fantasy, un bestiario immenso, dantesco nelle metafore animali e sofferenti se non nel succo filosofico, un paesaggio estremamente improbabile. A destra il paradiso dei santi, un coro di visi celesti che ha riscontro solo in una superumanità intuibile ma sconosciuta in termini razionali. Al centro è il purgatorio, e lì ci siamo noi, uomini e donne in un prospetto di severo e deludente realismo. Il mondo come ricerca della giustizia e attesa della misericordia sta in quel centro del trittico dell’Orcagna, non altrove, non in un secolo divinizzato. La nostra vita vera, fatto salvo il diritto alla ricerca della felicità e scontata l’alta considerazione che di sé ha la storia della civilizzazione, somiglia molto all’espiazione dei peccati. Mi ha aiutato a capire quanto tu ricordi nel tuo articolo anche una vecchia frase di Eric Voegelin: “Quando Dio divenne invisibile dietro il mondo, le cose del mondo divennero nuovi dei”.

Il problema non è che il Papa riannunci il perdono dei peccati, ci mancherebbe, il problema è che il mondo il peccato lo elimina, approfittando dell’indifferenza gesuitica e della formidabile capacità dei Reverendi Padri di vedere Dio in tutte le cose, e lo rubrica come pianificazione familiare o come diritto. Su questo tema, eminentemente laico, con pochi seguaci valorosi, dieci anni fa quasi avevo tentato di imbastire una crociata laica, non per punire o interdire il perdono (figuriamoci) ma per mettere argine alla fatale indulgenza che ha trasformato il mondo moderno e contemporaneo in un gigantesco macello di bambini non ancora nati. Ho fallito l’obiettivo clamorosamente, dopo aver proposto un momento di verità che fece scandalo, e ora Emma Bonino si commuove per l’esortazione di Francesco a perdonare l’aborto senza se e senza ma, salvo ribadirne il carattere di soppressione ingiusta di una vita umana. La misericordia è un pane nutriente anche per i miei denti cinici di non credente. Ma la sordità morale verso l’aborto libero e pianificato come controllo delle nascite ha tutta l’apparenza di essere uno sfregio indelebile alla civiltà moderna, e la chiusura di questo tema non negoziabile in una parentesi, la parentesi del peccato pro forma, è un impoverimento della capacità del pensiero e della prassi cristiane di esercitare la contraddizione al mondo che è il sale del nostro vantato pluralismo di culture e di criteri di vita. Come tu mi insegni, senza l’aiuto della migliore cultura laica antiabortista (e non faccio nomi fin troppo noti) e senza l’impulso delle chiese cristiane, chi salerà il sale dopo la perdita del suo sapore? Con amicizia.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.