Papa Francesco, di spalle, lascia la finestra su Piazza San Pietro dopo la recita dell’Angelus (foto LaPresse)

La Chiesa sia forza politica

George Weigel
Servono missione e visione strategica. Consigli a Francesco per riconvertire un occidente spiritualmente annoiato e affrontare la sfida dell’islam jihadista.

Pubblichiamo una anticipazione del libro di George Weigel, “Cattolicesimo evangelico”, in uscita oggi per le edizioni Cantagalli (359 pp., 24 euro). Weigel è uno dei più noti intellettuali cattolici americani e biografo di Giovanni Paolo II.

 


 

Dove sono le lingue di fuoco che parlano di Dio e del suo amore? Quando ci si riferisce ai “Comandamenti” di Dio, non come un doloroso dovere da osservare, ma come la gloriosa liberazione dell’uomo dalla schiavitù della paura mortale e da un frustrante egoismo? Dov’è che nella Chiesa gli uomini sanno sperimentare la preghiera come il dono pentecostale dello Spirito, come gloriosa grazia? […] Nella Chiesa si parla troppo poco di Dio, o si parla di Lui in modo arido, pedante, senza una vera vitalità. […] Solo quando il messaggio del Dio vivente sarà proclamato nelle Chiese con tutta la forza dello Spirito, scomparirà la sensazione che la Chiesa sia solo una bizzarra reliquia di una vecchia società destinata a morire. […] Ed è solo allora che la professione di fede in Gesù come Cristo e Signore, definitiva Parola di Dio nella storia, potrà diventare viva, più gioiosa e spontanea”.
Karl Rahner, 1974

 

Nel momento in cui la Chiesa cattolica ha celebrato il cinquantenario dell’apertura del Concilio Vaticano II, si sono levate voci per una sua riforma, le richieste erano insistenti, diffuse, e spesso cacofoniche, finendo per consistere solamente in accordi tra firmatari. Nei primi decenni del XXI secolo, i cattolici “progressisti”, così come i cattolici “tradizionalisti” varano il loro programma di riforma in agenda. Hans Küng, che una volta descrisse il compito del Vaticano II come “riforma e riunione”, è abbastanza certo di sapere cosa significhi “riforma” così come lo sono gli editori di The Wanderer e la redazione di The Tablet, anche se nessuno di loro concorda con le specifiche di questa riforma. Anche il New York Times ha la sua idea di riforma cattolica, similmente il giornale vaticano L’Osservatore Romano, per non parlare delle centinaia di migliaia di blogger e commentatori Internet di tutto il mondo. E qui ci fermiamo.

 

La richiesta di riforma è praticamente universale, sono i termini della riforma ad essere oggetto di discussione. Eppure può esserci un punto di accordo. Gli anni del Concilio Vaticano II, dal 1962 al 1965, sono stati gli anni in cui hanno preso forma i problemi e i progetti per il XXI secolo. Osservatori più sofisticati possono giustamente riferirsi a qualche decennio prima, alla rinascita intellettuale cattolica della metà del XX secolo per rintracciare molti dei temi che hanno caratterizzato le deliberazioni del Concilio: una nuova coscienza biblica, una maggiore consapevolezza dell’importanza della teologia nella storia e le diverse prospettive filosofiche; il rinnovo del culto nella Chiesa, un nuovo impegno nella vita pubblica. Ma tutto lo spettro di opinioni proveniente sia dall’ambiente ecclesiastico sia da quello laico, ne conviene che il Vaticano II è il luogo che ha dato inizio, nel bene o nel male, al cattolicesimo del XXI secolo.

 

Questo consenso comune all’interno di una cacofonia di opinioni, tende a perdere di vista le profonde correnti della Chiesa e della storia culturale del mondo. E’ come se il dibattito sull’identità cattolica che ha occupato gli anni del Concilio e i decenni che seguirono, fosse semplicemente iniziato ex nihilo, o fosse iniziato nel momento in cui il dibattito coagulava rapidamente. Questo libro, e le proposte ivi contenute, sono fondati sul presupposto che tali analisi, che si propongono di far luce sui vari aspetti della realtà cattolica del XXI secolo, non fanno altro che analizzarne degli aspetti in modo superficiale. Ciò significa che le proposte di “riforma” che vengono fuori da queste analisi colpiscono al cuore l’esigenza imperativa di una profonda riforma cattolica.

 

La riforma della Chiesa cattolica è in corso da più di un secolo. E’ iniziata con papa Leone XIII, ha continuato attraverso la rivitalizzazione degli studi biblici, liturgici, storici, filosofici e teologici della metà del XX secolo, e sempre nello stesso pe- riodo, ha proseguito con il martirio di milioni di cattolici per mano di sistemi totalitari. Papa Pio XII l’ha portata avanti nel suo insegnamento sulla Chiesa come “Corpo mistico di Cristo”. Ha raggiunto il picco massimo nel Concilio Vaticano II. Gli è stato dato nuovo impulso da papa Paolo VI nel 1975 nella lettera Evangelii nuntiandi, che chiama tutta la Chiesa a un nuovo senso di fervore missionario nel proclamare il Vangelo, ed è stata portata ancor più in evidenza dai pontificati di due uomini di genio: san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Molte situazioni emergono dal portfolio cattolico del XXI secolo: la crisi degli abusi sessuali, la radicale secolarizzazione dell’Europa, la contesa con la Chiesa evangelica, pentecostale e il protestantesimo fondamentalista dell’America Latina, la sfida di trovare un’appropriata “acculturazione” della fede cattolica in Africa e in Asia, tutto questo riflette le turbolenze della riforma, la resistenza incontrata e il lento, difficile emergere di un nuovo modo di essere cattolici; una nuova “forma” del cattolicesimo in linea con le origini del cattolicesimo e il suo sviluppo dottrinale, altrimenti non si potrebbe parlare genuinamente di una “forma” cattolica di essere Chiesa. Ma è anche qualcosa di nuovo. E’ il recupero e il reimpiego nel XXI secolo, di un qualcosa solo in apparenza molto vecchio, qualcosa che risale ai primi secoli dell’era cristiana. Sto parlando del cattolicesimo evangelico. Prima di svelare che cosa intendo con cattolicesimo evangelico è importante specificare quello che non intendo per cattolicesimo evangelico.

 

Il cattolicesimo evangelico non è un modo di essere cattolici che adatta alcuni maniere di culto e pratiche di catechesi dal fondamentalismo evangelico o dal protestantesimo pentecostale. Il cattolicesimo evangelico non è il cattolicesimo del futuro come immaginato dai cattolici “progressisti” o “tradizionalisti”, anche se dal primo prende l’urgenza di un’evoluzione e dall’ultimo l’imperativo di sviluppo verso una riforma che segua la forma essenziale della Chiesa voluta da Cristo. Il cattolicesimo evangelico non è un cattolicesimo pensato in modo che rispecchi le esigenze dell’apparente stabile condizione della Chiesa cattolica negli Stati Uniti. Il cattolicesimo evangelico non è semplicemente una risposta alla crisi degli abusi sessuali nella Chiesa cattolica, che hanno imperato sulle copertine dei media mondiali dal 2002. Il cattolicesimo evangelico non è un movimento all’interno del cattolicesimo, né una setta cattolica, né un nuovo tipo di élite cattolica. Il cattolicesimo evangelico non è un’alternativa al cattolicesimo romano. La sua evoluzione, infatti, è strettamente legata alla nascita del papato moderno, e un suo ulteriore sviluppo richiederà un nuovo aspetto dell’Ufficio di Pietro nella Chiesa. Se questo è ciò che il cattolicesimo evangelico non è, allora, che cos’è?

 

Il cattolicesimo evangelico è il cattolicesimo che sta nascendo, spesso con grande difficoltà, per opera dello Spirito Santo per dare vita ad una riforma cattolica, una riforma che raccolga le sfide poste alla vita e all’ortodossia cristiana dalle maree del cambiamento, che hanno rimodellato la cultura mondiale dal XIX secolo. La Chiesa cattolica pone il fondamento sul fatto che è stata costituita e forgiata per volontà di Cristo stesso, quindi ogni reale riforma cattolica è in riferimento alla sua divina costituzione, una “costituzione” non tanto in senso americano, ma nel senso inglese del termine. In due millenni di storia, ogni autentica e vera riforma cattolica ha fatto sì che ci riferissimo a quella costituzione per il recupero degli aspetti della forma della Chiesa voluta da Cristo. Questo è ciò che è accaduto nel cosiddetto secolo buio, con lo sviluppo del monachesimo occidentale, è ciò che è successo nella riforma gregoriana dell’XI secolo, che ha avuto un impatto enorme sull’evoluzione della vita politica dell’Occidente. E’ ciò che è accaduto quando il Concilio di Trento, dopo aver preso una dura posizione contro la corruzione, una delle cause della Riforma, ha creato una forma di cattolicesimo, la Controriforma, che è durata per secoli. E questo è ciò che intendeva fare, e in qualche misura ha fatto, il Concilio Vaticano II.

 

La sfida oggi non è solo il cattolicesimo che si confronta con forze culturali ostili che sostengono che l’insegnamento di una Chiesa malata arriva a uomini e donne che vivono in una società libera. Questa è una vecchia storia. Ad essere sinceri, questi nuovi atei come Richard Dawkins, Sam Harris e il compianto Christopher Hitchens impallidiscono al confronto con figure come Nerone, Diocleziano, Voltaire, Robespierre, Bismarck, Lenin e Mao Zedong. La sfida oggi è quella di riconoscere il carattere distintivo di un’ostilità culturale nata da un’indifferenza per la religione biblica che nasce nel XIX secolo nella rivendicazione che il Dio della Bibbia è il nemico della libertà, della maturità umana e del progresso delle scienze naturali. Nel XXI secolo quest’ostilità può portare a nuove forme di persecuzione palesemente rivolte ai credenti per la semplice ragione che sono credenti. Nei primi due decenni del nuovo millennio, tuttavia, l’emarginazione del cattolicesimo e la sua riduzione a vita privata è stata principalmente una scelta senza nessuna conseguenza pubblica. In ogni caso, la sfida della Chiesa postconciliare è quella di predicare il Vangelo in un nuovo contesto culturale, forse senza precedenti.

 

Il mondo occidentale, la patria storica del cristianesimo, è diventato “disincantato”, per usare un famoso termine del sociologo Max Weber. Le finestre e i lucernari dell’esperienza umana sembrano essere stati inchiodati, chiusi, ci si è dipinto sopra. Una modernità (e una postmodernità), che deve di gran lunga molto più alla civiltà cristiana dell’Occidente, di quello che molti eredi dell’Illuminismo continentale sono disposti ad ammettere, ha prodotto una cultura pubblica spesso tossica, sempre cristofobica, per adottare un termine usato da uno studioso, ebreo ortodosso, ed eminente giurista internazionale quale è Joseph H. H. Weiler. Tutto questo pone nuove sfide al cattolicesimo. Queste sfide possono essere affrontate solo attraverso le profonde riforme del cattolicesimo evangelico: riforme che recupereranno l’essenziale forma che Cristo ha dato alla Chiesa, fornendo il suo popolo e i suoi ministri degli strumenti per convertire un mondo non di rado ostile e disincantato. Colto nella sua pienezza, il cattolicesimo evangelico invita i cattolici (e tutti coloro che sono interessati alla Chiesa cattolica) ad andare oltre le argomentazioni superficiali, giuste o sbagliate dei decenni passati, in gran parte basate sul potere ecclesiastico, e, ad una riflessione più profonda sul cuore missionario della Chiesa e a considerare come quel cuore potrebbe essere l’espressione del XXI secolo e del terzo millennio. Il cattolicesimo evangelico guarda al futuro (…)

 

La testimonianza pubblica del cattolicesimo evangelico, in altre parole, è una forza politica necessaria. Una forza necessaria a prevenire ulteriori abusi, da parte della cultura della morte, per costruire gratuitamente società in cui ogni bambino viene accolto nella vita e protetto dalla legge. Tale forza è necessaria per costruire società libere in cui anziani e disabili siano considerati come uomini e donne d’incommensurabile dignità e valore, non “problemi” che devono essere “risolti” con correzioni tecnologiche. Tale forza è necessaria per costruire società libere che siano ospitali per lo straniero e impegnate nello Stato di diritto; che vivano all’interno del loro significato, che non lascino alle generazioni future un fardello irredimibile di debito pubblico, delle società in cui pubblico e privato lavorino insieme come la dottrina sociale propone, per fornire un’istruzione di qualità, l’assistenza sanitaria e una vecchiaia sicura. Una forza politica necessaria anche per difendere la libertà religiosa all’interno delle democrazie e in tutto il mondo. Le pressioni sulle istituzioni cattoliche a conformarsi ai canoni della cultura della morte si intensificheranno fino a quando l’efficacia del supporto alla politica pubblica cattolica non corrisponderà con forza alle nostre convinzioni circa la cultura della vita.

 

Queste minacce ai religiosi e alla libertà nelle democrazie sviluppate sono diventate evidenti attraverso i temi della vita e la questione del matrimonio, e nessuno dovrebbe dubitare che una stagione di persecuzione potrebbe essere dietro l’angolo. I primi venti gelidi di quella stagione si sono già fatti sentire nei primi anni del XXI secolo: quando le verità della Chiesa sono descritte, impunemente, come esempi di fanatismo irrazionale dai grandi media, quando gli operatori sanitari cattolici sono minati nel loro operato, quando i vescovi che hanno il coraggio di dire la verità diventano satira, quando le autorità fiscali locali sono utilizzate dagli organi legislativi per fare pressione sulla Chiesa, quando le leggi finanziarie sono strutturate in modo tale da imbavagliare le voci della coscienza religiosa, e quando la legislazione allontana la Chiesa dall’opera di tutela e di adozione: regole o decisioni giudiziali che richiedono la “non discriminazione” nell’affidare o far adottare giovani da genitori gay.

 

Alcuni sapranno senza dubbio trovare dell’ironia in tutto ciò: la Chiesa cattolica presa di mira fin dall’illuminismo, a lungo identificata con l’ancien régime degli istituti ecclesiastici, la Chiesa cattolica fautrice della libertà religiosa e dei diritti umani, non è ancora morta, ma la cultura e quindi la storia è cambiata in modo che la Chiesa cattolica è oggi più importante del mondo istituzionale sostenitore dei diritti umani e della democrazia. Il cattolicesimo evangelico del XXI secolo si baserà su quella sorprendente evoluzione del ruolo della Chiesa nella vita pubblica per proteggere le fondamenta della casa della libertà, ovunque essa sia in pericolo (…). I grandi papi della tarda e postmodernità erano uomini lungimiranti, la cui profondità di fede ha permesso loro di piantare semi per il futuro, fiduciosi che ciò che è ben piantato cresce a suo tempo e nel tempo di Dio. Fiduciosi nel fatto che la profondità di fede deve essere integrata da una visione strategica. E nel cattolicesimo evangelico del futuro la visione strategica dei papi dovrà essere necessariamente trifocale: nutrire e guidare la veloce crescita della Chiesa nel Terzo Mondo, sviluppare strategie per la riconversione di un Occidente spiritualmente annoiato e affrontare la sfida dell’Islam jihadista.