I padri sinodali hanno iniziato a discutere sulla terza parte dell'Instrumentum laboris, la più delicata e controversa

La deriva sentimentalista del Sinodo

Matteo Matzuzzi
Quando si vuole far passare determinati messaggi, ecco che ci si dilunga nell'illustrare i dettagli di qualche intervento particolare. Un vescovo (ignoto il nome, ça va sans dire) ha raccontato un episodio che ha "commosso l'assemblea": un bimbo che ha spezzato l'ostia consacrata per darne metà al padre, divorziato risposato.

Roma. I briefing organizzati dalla Sala stampa vaticana per illustrare alla platea giornalistica l'andamento dei lavori sinodali in corso a Roma fino al prossimo 24 ottobre, sono così strutturati:  prima che la parola passi agli ospiti (padri sinodali o uditori), il portavoce padre Federico Lombardi dà una sommaria descrizione di quanto si è discusso in Aula, quindi la parola passa ai collaboratori "linguistici": il gesuita Bernd Hagenkord, Romilda Ferrauto, padre Manuel Dorantes e padre Thomas Rosica. Ognuno riassume, nella propria lingua, il contenuto del confronto (a grandi linee). Si dà conto di quel che s'è detto – magari approfondendo maggiormente "quello che mi ha colpito" (come ha detto Hagenkord la scorsa settimana durante uno di questi briefing) – senza rivelare il nome di colui che ha pronunciato le affermazioni in questione né in quale contesto. Capita così che, dovendo fare un sunto di 93 interventi (quelli pronunciati in Aula tra ieri e stamattina) si riveli che la maggior parte di essi aveva a che fare con l'annosa questione della riammissione alla comunione dei divorziati risposati. Ma allo stesso tempo si spiega che "parte dei padri era favorevole e parte no". Secondo il resoconto di padre Hagenkord, in particolare, molti padri hanno preso la parola "per una chiarificazione della dottrina cattolica sul matrimonio e la famiglia", sostenendo che "la Chiesa non ha il potere di cambiare la parola di Dio". Ma, al contempo, altri ancora hanno ribattuto che "la Chiesa non può escludere alcuni fedeli dai sacramenti". In sostanza, un sunto del dibattito già chiaro che va avanti da due anni, dentro e fuori i sacri palazzi.

 

Quando però si vuole far passare determinati messaggi, ecco che ci si dilunga nell'illustrare i dettagli di qualche intervento particolare. Abbiamo così scoperto che il Sinodo ha ceduto al sentimentalismo. Un vescovo (ignoto il nome, ça va sans dire) ha raccontato un episodio che ha "commosso l'assemblea". Un giorno, mentre celebrava la messa con la Prima comunione in una parrocchia X, un bambino è salito all'altare per ricevere l'ostia consacrata. Quindi "l'ha spezzata in due e ne ha dato metà al papà che, essendo divorziato risposato, non avrebbe potuto riceverla". Riconosciuta al bimbo una precoce conoscenza teologica e, più in generale, dei dettami dell'insegnamento corrente della Chiesa cattolica sul tema, va sottolineato come sia stata "usata" l'esperienza di un bambino di dieci anni per far passare – mediaticamente, soprattutto – un messaggio univoco: "Non si tratta di cambiare la dottrina cattolica, ma il nostro atteggiamento", come è stato detto da padre Dorantes riferendo (stavolta nei particolari) il contenuto di un intervento che si concludeva con la necessità di domandarsi "cosa la Chiesa possa fare per queste persone in modo concreto".

 

Le relazioni dei circoli minori. La strada tedesca

 

[**Video_box_2**]Il dibattito in Aula è ora totalmente centrato sulla terza parte dell'Instrumentum laboris, quella che contiene i capitoli più delicati e controversi. Non a caso, il fatto che sia questo il punto che più divide i padri è dimostrato dall'altissimo numero di interventi sul tema.  Ieri, nel frattempo, erano state consegnate e diffuse le relazioni dei circoli minori relativamente alla seconda parte del documento. Il testo più commentato è quello preparato dal circolo in lingua tedesca, moderato dal cardinale Christoph Schönborn. Dopo aver sottolineato che non è opportuno agire secondo il principio "tutto o niente", i il gruppo "esclude un'ermeneutica deduttiva unilaterale che riduca situazioni concrete sotto un principio generale. Secondo l'insegnamento di Tommaso d'Aquino – si legge ancora – e anche del Concilio di Trento, è necessaria l'applicazione con prudenza e saggezza dei princìpi fondamentali alle singole, spesso complesse, situazioni reali. E ciò, si osserva, "non riguarda le eccezioni, in cui la parola di Dio non debba valere, bensì la domanda di una giusta e ragionevole applicazione con prudenza e saggezza delle parole di Gesù, ad esempio di quelle sull'indissolubilità del matrimonio". Tommaso, inoltre, "ha espresso con chiarezza la necessità di un'applicazione concretizzante".

 

Molto duro il commento messo nero su bianco del Circolo inglese D (moderato dal cardinale Collins, relatore mons. Chaput), quando si afferma che "l'Instrumentum laboris non offre alcuna definizione di matrimonio. Si tratta di una grave mancanza che provoca ambiguità in tutto il testo".

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.