L'enciclica Laudato si' è stata presentata giovedì scorso in Vaticano (foto LaPresse)

L'enciclica che cambia rotta alla chiesa

Redazione
Russell Ronald Reno, teologo e direttore della rivista cattolica americana First Things, commenta l’enciclica sulla cura della casa comune, Laudato si’, presentata ufficialmente giovedì. E si mostra assai perplesso.

Roma. “Preferisco l’approccio di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Se il riscaldamento globale rappresenta una minaccia per l’umanità – e potrebbe esserlo – noi avremo bisogno di tutta la forza morale, l’integrità scientifica, la vitalità economica e la legittimazione politica che la modernità occidentale può chiamare a raccolta”. Russell Ronald Reno, teologo e direttore della rivista cattolica americana First Things, commenta l’enciclica sulla cura della casa comune, Laudato si’, presentata ufficialmente giovedì. “Lo stesso discorso – aggiunge Reno – vale per i pressanti problemi della povertà e dello sviluppo. Invece di denunciare, necessitiamo del consiglio e della guida della chiesa. Abbiamo tutti bisogno di pentirci. Ma quando si tratta di problemi etici pressanti, la rivoluzione diventa un gioco pericoloso da giocare”.

 

Nel giorno in cui nei Sacri palazzi si lamenta una lettura superficiale del documento papale, con la stampa mondiale che avrebbe scritto solo di clima dimenticando tutto il resto – ma la lezione sull’eruzione del vulcano di Sumatra del prof. Schellnhuber a margine della presentazione non se la sono inventata i media – First Things definisce il testo di Francesco il documento più anti modernista che la chiesa cattolica abbia mai partorito dai tempi del Sillabo di Pio IX, datato 1864. Si sparge la voce “che Papa Francesco ha allineato la chiesa con la scienza moderna. Lo si dice perché lui sposa le tesi del cambiamento climatico. Ma questa è una lettura superficiale della Laudato si’. In questa enciclica – prosegue Reno – Francesco esprime sentimenti sorprendentemente anti scientifici, anti tecnologici e contro il progresso”.

 

[**Video_box_2**]Bergoglio, infatti, “descrive la radice del nostro problema come il fallimento di riconoscere Dio come creatore”. In sostanza, “senza un orientamento teocentrico, facciamo nostra la presunzione antropologica secondo cui siamo noi al centro della realtà. Una spiritualità che dimentica Dio onnipotente e creatore non è accettabile”. E Dio, si legge su First Things, “è ciò che la modernità ha dimenticato”. Forse, chiosa Reno, “il Papa ha voluto offrire una lettura postmoderna del desiderio del Vaticano II di essere aperti al mondo moderno”. Francesco “sembra proporre di legare la chiesa cattolica a un sentimento occidentale post umanista pessimista, piuttosto che al vecchio umanesimo”. Il direttore del mensile cattolico rivela un “certo disorientamento” provato al termine della lettura del documento: “Dal Concilio Vaticano II, la chiesa cattolica ha adottato un atteggiamento favorevole alla modernità occidentale. Giovanni Paolo II ha denunciato la cultura della morte e Benedetto XVI ha parlato della dittatura del relativismo. Ma nel loro insegnamento era chiaro che tali critiche erano intese come necessarie per ristabilire le basi morali e religiose dei successi della modernità. Papa Francesco sembra cambiare rotta”.