Papa Francesco (foto LaPresse)

Perché l'enciclica piace tanto a chi avversa la libertà individuale

Carlo Lottieri
Lettura liberista della Laudato si’. Non solo ecologia, il documento mette sotto accusa quanto è rimasto di liberale nella società

L’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco sta riscuotendo consensi in tutta quell’amplia area culturale di destra e sinistra che avversa la libertà individuale, confidando assai più nella programmazione – secondo logiche autoritarie, di carattere top-down – che nelle interrelazioni spontanee. Non si tratta allora soltanto di un’enciclica “ecologista”, seppure sposi l’armamentario concettuale dell’ideologia verde, perché essa va oltre e mette sotto accusa quanto vi è rimasto di liberale nelle nostre società: a partire dalla proprietà e dalle relazioni di mercato. Quando  afferma che la proprietà privata non è intoccabile, l’enciclica finisce perfino per entrare in rotta di collisione con l’idea stessa di giustizia. Non tutte le proprietà sono il frutto di azioni legittime (come nel caso del furto), ma questo non basta a mettere in discussione la proprietà in quanto tale, dato che – come evidenziò il beato Antonio Rosmini – “la proprietà è l’altro”: ciò che ognuno deve rispettare. Se quel limite è negato tutto diventa possibile, come hanno illustrato i regimi dell’ultimo secolo. E quando nel testo si rigettano gli scambi di mercato, è la socialità delle relazioni volontarie che viene marginalizzata, preferendole un ordine pianificato.

 

Tutto ciò è paradossale, dato che l’intervento pubblico evocato è esattamente espressione di quel paradigma tecnologico-economico che, a parole, l’enciclica vorrebbe contrastare. Stavolta il vecchio dirigismo nazionale è comunque messo da parte, per immaginare un’ingegneria sociale estesa al globo intero. La realtà andrebbe sottratta ai proprietari e consegnata a un’élite che si ponga alla testa di istituzioni internazionali in grado di dettare legge sulla terra intera. Di fronte a inquinamento e iniquità, insomma, l’unica risposta è quella di espropriare  l’umanità per rafforzare politici e tecnostrutture. Bisognerebbe sempre tenere presente che diritto, ecologia ed economia sono ambiti scientifici animati da vivi dibattiti, su cui sarebbe prudente per la chiesa non prendere posizione. Se si parla di riscaldamento globale, per esempio, va ricordato come qualche studioso affermi che la terra si scalda a causa dell’azione umana e altri sostengano, invece, che ciò dipende dal sole. E cos’hanno i cristiani in quanto cristiani da dire in merito? Nulla, proprio nulla.

 

[**Video_box_2**]Certo l’enciclica non si limita a sposare le tesi ecologiste e pauperiste innamorate della sovranità. In particolare, il documento coglie nel segno quando condanna gli aiuti assegnati alle banche, ma pure qui esso identifica il capitalismo e il suo opposto: l’intervento pubblico, l’interferenza dello stato nel mercato, l’utilizzo del potere da parte di interessi privati. E proprio l’Argentina eternamente peronista da cui Bergoglio proviene è in larga misura questo universo di privilegi e arbitri che non ha mai davvero conosciuto un libero mercato, un ordine di diritto, una limitazione della sfera pubblica, e in cui i “capitalisti” (se così vogliamo chiamarli…) sono sempre stati vicini alle leve del comando e dipendenti da loro. Sul punto Bergoglio ha ragione: le banche non dovevano essere salvate espropriando i contribuenti. Ma questo è proprio quanto solo pochissimi liberisti “selvaggi” sostennero durante la crisi: inascoltati ieri come oggi.