Voi mandate ancora cartoline?

Piero Vietti

Un'arte che fa molto anni Novanta.

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    Ci pensavo leggendo questo articolo di Charles Simic sul New York Review of Book: saranno anni che non spedisco più una cartolina ad amici e parenti (e che non ne ricevo). In effetti la cartolina fa molto anni Novanta, sembra roba vecchissima, superata da mail, mms e compagnia bella. Il francobollo poi mi fa lo stesso effetto che mi fa vedere una partita di calcio del 1989 su ESPN Classic: lentezza impressionante.

    Non voglio fare la retorica dei bei tempi andati cancellati dalla fredda macchina internettara, feisbucchiana e twitterara (io poi odiavo mandare cartoline, mi sembrava una cosa dovuta; salvo rari casi lo facevo sempre l'ultimo giorno scrivendo a raffica la stessa frase a tutti – Ciao …, qui il tempo è bello e ci divertiamo tantissimo – che poi le ricevevano quando io ero già tornato). Riconosco però che scrivere cartoline possa essere un'arte, come dice Simic. Un'arte che, come certi lavori, non vuole però fare più nessuno (e in questo caso non vengono in soccorso manco gli extracomunitari). Ma dopo tanti anni avere un cassetto in cui le posso conservare e rileggere è certamente più bello che cercare vecchi messaggi sulla casella di posta elettronica, magari nella cartella dello spam; o, peggio, guardare chi mi ha taggato nelle foto delle sue vacanze insieme ad altre 150 persone a me sconosciute. Detto questo, non credo che manderò cartoline neanche quest'anno. Ma mi sarebbe tanto piaciuto farlo.

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    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.