Catastrofisti, che vi costa essere onesti?

Piero Vietti

A lezione da Emmot. Ce n'è anche per Al.

    "L'onestà sarebbe una politica climatica più sostenibile". Con questo editoriale sul Times di giovedì Bill Emmott dà una lezione non da poco ai catastrofisti. "La maggior parte dei progressi umani – scrive – è stata guidata dall'ottimismo". Un approccio, dice Emmott, per cui sappiamo che impegnandoci possiamo risolvere un sacco di problemi. "E allora perché quando si parla di ambiente gli ambientalisti pensano che pessimismo e paura siano il modo per affrontare il problema?". Ecco finalmente un approccio realistico, intelligente, e affatto "scettico" ("non sono un negazionista", si affretta a precisare Emmott): perché gridare alla catastrofe, agitare spauracchi, dire che "o è così o è la fine" e non provare invece a far fare, uno dopo l'altro, qualche "piccolo passo nella giusta direzione"? Presentare Copenaghen come il punto oltre il quale, senza un accordo, il mondo finirà, non è corretto, secondo l'ex direttore dell'Economist: "Siamo pieni di segnali che la mitigazione dei cambiamenti globali sta diventando una strategia reale e a lungo termine in molti paesi".

    Bisognerebbe parlare di clima con "onestà": "E se l'onestà è applicata al grande 'uomo nero' dello scioglimento dei ghiacci, allora bisognerebbe dire, dopo la recente spedizione artica condotta da Pen Hadow e i suoi esploratori, che 'il ghiaccio è più spesso ma non siamo sicuri che questo miglioramento durerà'". Un invito a dire la verità in modo onesto, quello di Emmott, e a non demonizzare chi non crede a queste "scomode verità, per usare la frase che ha fatto vincere un Nobel a un politico americano fallito venditore di paure (Al Gore, ndr)". Scienziati e scrittori "scettici" vengono quotidianamente boicottati o condannati, ricorda Emmott. Sono stati fatti passi positivi: "In Inghilterra ci sono più foreste di cento anni fa, non meno, come vorrebbe invece il mantra della deforestazione".

    Sviluppo tecnologico, mitigazione e adattamento. Insomma, c'è un modo "più banale, a lunga gittata e meno costoso di quello in cui i catastrofisti preferirebbero noi credessimo. Ma è più realistico, più onesto e più attraente per il pubblico".

    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.