I dubbi sulla colpevolezza dell'indiano Ram

Massimo Bordin
Il caso giudiziario di Ragusa e gli sviluppi del dibattito, terza e ultima puntata. Pone un problema vero il comunicato dell'Unione camere penali già dal suo titolo "E se il cittadino indiano Ram fosse innocente?" .

Il caso giudiziario di Ragusa e gli sviluppi del dibattito, terza e ultima puntata. Pone un problema vero il comunicato dell'Unione camere penali già dal suo titolo "E se il cittadino indiano Ram fosse innocente?" . Tutto il bailamme in fondo è nato per una generale propensione a ritenere Ram meritevole della galera. Generale, anche da parte di penaliste di grido che, se non come avvocate, in quanto mamme si stupivano della mancata incarcerazione, così come associazioni denominate "Fino a prova contraria", principio che evidentemente non viene ritenuto valido per gli indiani. In pochissimi hanno preso in considerazione il fatto che  la vicenda fosse come minimo controversa, nessuno ha considerato l'ipotesi che il cittadino indiano potesse attendere un eventuale giudizio da libero. I penalisti lo ricordano e fanno benissimo.

 

C'è poi la questione della pm che effettivamente non ha proceduto all'arresto. Di fronte alla canea scatenatasi il procuratore ha ribattuto che non si poteva fare altro perché la legge lo impediva. Di fatto, come usa dire, buttandola in politica. Ma la loro interpretazione della legge è stata, secondo diversi avvocati, assai opinabile. Questo non vuol dire che la pm avrebbe dovuto chiedere l'arresto ma solo che, se fosse stata convinta delle accuse, avrebbe potuto. Questo dovrebbe appurare l'inchiesta ministeriale, opportunamente disposta dal ministro, una volta considerati gli atti dell'inchiesta e i reati ipotizzati. Fermo restando che se la pm non avesse trovato del tutto convincenti le testimonianze degli accusatori, non sarebbe scelta sindacabile dagli ispettori. Ma la procura avrebbe fatto meglio a rivendicarla apertamente.

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