Mafia a Ostia e Sebastiano Cassia

Massimo Bordin
L’udienza di ieri del processo “Mafia capitale” è stata utile a comprendere anche la sentenza pronunciata due giorni fa dalla Corte d’appello che ha tolto il 416 bis ai clan di Ostia.

L’udienza di ieri del processo “Mafia capitale” è stata utile a comprendere anche la sentenza pronunciata due giorni fa dalla Corte d’appello che ha tolto il 416 bis ai clan di Ostia. E’ stato di scena un personaggio che tecnicamente si può chiamare pentito di mafia, le cui deposizioni avevano giocato un ruolo anche nel processo sui clan di Ostia. Sebastiano Cassia ha precedenti per 416 bis perché condannato come affiliato a una cosca di Siracusa, dove è nato, legato al catanese Nitto Santapaola. Il suo pentimento è stato spontaneo, si è consegnato alla squadra mobile romana chiedendo di parlare con Renato Cortese, l’investigatore che arrestò Provenzano e ora è a Roma chiamatovi dal procuratore Pignatone, con cui aveva lavorato a Palermo e in Calabria.

 

Avrebbe dovuto testimoniare due mesi fa ma ebbe un incidente di percorso. Fu fermato dalla polizia a Genova, dove non avrebbe dovuto essere, perché si era fatto notare davanti a una gioielleria. Risolta la questione è rientrato nel programma di protezione e ieri ha reso la sua deposizione. E’ stata un disastro. Sulle prime ha sostenuto, parlando con un forte accento romanesco insospettabile per uno nato e vissuto nella Sicilia orientale, di non sentirsi bene. Un controllo medico ha rassicurato il tribunale. Ma si è capito che aveva poco da dire. Ha conosciuto Carminati in carcere ma ci ha scambiato poche e insignificanti parole. L’unico elemento che ha fornito riguarda il rapporto fra Carminati e il capo del gruppo mafioso in cui lui stava, Benedetto Spataro che gli avrebbe parlato di Carminati come di un suo fornitore di armi. L’attendibilità del personaggio è però apparsa molto relativa.